Responsabilità tributaria post-estinzione: autonomia dell’accertamento fiscale nei confronti dei soci delle società cancellate

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino e Avv. Francesca Coppola

La recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 3625 del 12 febbraio 2025) ha introdotto un importante chiarimento in materia di responsabilità tributaria nei confronti delle società cancellate dal registro delle imprese, con specifico riguardo al ruolo dell’Agenzia delle Entrate e alla legittimazione passiva dei soci. Il principio affermato si fonda sulla necessità di distinguere, nell’ambito del contenzioso fiscale, l’autonoma e distinta fase di accertamento dell’obbligazione tributaria, che deve essere preliminarmente compiuta nei confronti dell’ente estinto, dalla successiva azione nei confronti dei soci che abbiano eventualmente beneficiato di una ripartizione patrimoniale.

Secondo la Suprema Corte, la cancellazione della società dal registro delle imprese non comporta una mera prosecuzione automatica delle pretese tributarie nei confronti dei soci, ma impone all’Amministrazione finanziaria di attivare un nuovo e autonomo procedimento di accertamento, che non può considerarsi assorbito dal giudizio pregresso instaurato nei confronti della società estinta. È in tale sede che l’Agenzia delle Entrate è tenuta a verificare, con onere probatorio a suo carico, la sussistenza dei presupposti per l’estensione della responsabilità ai soci ai sensi dell’art. 2495 c.c., ossia la percezione, anche in via indiretta, di somme o beni nel contesto della liquidazione societaria ovvero, in via sussidiaria, durante i periodi d’imposta oggetto di contestazione.

La Corte ha ribadito la netta distinzione tra la legittimazione passiva dei soci, quale parte potenzialmente esposta a responsabilità patrimoniale, e la titolarità sostanziale della pretesa tributaria, che continua a fare capo in via primaria alla società, anche se formalmente estinta. In tale prospettiva, la notifica dell’atto impositivo al socio non può prescindere da un’espressa motivazione circa l’effettiva percezione di attivi sociali da parte di quest’ultimo, nonché da una chiara individuazione della quota parte di debito eventualmente trasmissibile in virtù del beneficio ricevuto.

Particolarmente rilevante è l’enunciazione secondo cui l’interesse dell’Amministrazione finanziaria a proseguire il giudizio non si esaurisce con la mera cancellazione dell’ente, potendo sussistere anche in assenza di un titolo formale di trasferimento patrimoniale, laddove sussistano indizi concreti – ad esempio il mantenimento di beni in capo ai soci – che lascino presumere una sostanziale successione economica nell’obbligazione tributaria. Tuttavia, tale interesse, per fondarsi legittimamente, deve essere esercitato nel rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, non potendosi legittimare forme di surrettizia responsabilità oggettiva dei soci per i debiti dell’ente.

La sentenza rappresenta un punto di svolta nel bilanciamento tra esigenze di tutela dell’erario e garanzie del contribuente, delineando un perimetro più rigoroso e formalmente garantito entro il quale l’Agenzia delle Entrate potrà agire nei confronti dei soci di società cancellate. Essa conferma, in chiave sistematica, che la responsabilità dei soci non è automatica né presunta, ma richiede una puntuale allegazione e dimostrazione da parte dell’Amministrazione, anche in sede contenziosa, in ordine alla sussistenza dei requisiti di legge per procedere nei confronti di soggetti diversi dall’originario debitore tributario.

Questo orientamento si pone in linea con la crescente esigenza di certezza del diritto e trasparenza nei rapporti tra contribuente e fisco, e offre ai professionisti – avvocati tributaristi e commercialisti – un fondamentale strumento interpretativo per la tutela dei propri assistiti, specialmente nei contesti post-liquidatori dove le pretese fiscali tendono a protrarsi nel tempo, sovente in assenza di un corretto vaglio giuridico circa la legittimazione passiva. In definitiva, la Corte riafferma un principio cardine dello Stato di diritto: la responsabilità tributaria, pur potendo estendersi in presenza di giusti presupposti, deve sempre passare attraverso una verifica individualizzata, documentata e processualmente rispettosa delle garanzie difensive del contribuente.

23 maggio 2025