Autore: Francesco Cervellino

Contratto di locazione – difetto di forma

a cura dell’Avv. Francesco Cervellino

Nullità del contratto di locazione: restituzione dei canoni e limiti all’ingiustificato arricchimento


La recente ordinanza n. 32696/2024 della Corte di Cassazione affronta i risvolti giuridici della nullità di un contratto di locazione derivante dal difetto di forma scritta e dalla mancata registrazione. In particolare, si chiarisce il diritto del conduttore alla restituzione dei canoni versati e il diritto del locatore a sollevare l’eccezione di ingiustificato arricchimento, nei limiti della diminuzione patrimoniale subita.

 

  1. Il principio della ripetizione dell’indebito

La nullità del contratto di locazione, sia per difetto di forma scritta sia per mancata registrazione, comporta la possibilità per il conduttore di agire per la restituzione delle somme versate a titolo di canone. Tale azione trova fondamento nella disciplina della ripetizione dell’indebito oggettivo ai sensi degli artt. 2033 e seguenti del Codice Civile.

La Cassazione chiarisce che tale principio si applica anche ai contratti a esecuzione continuata, come la locazione, nonostante la particolare disciplina prevista dall’art. 1458 c.c. in materia di risoluzione per inadempimento. Quest’ultima disposizione, infatti, sottrae detti contratti all’effetto retroattivo, ma la stessa non è estensibile al caso della nullità.

 

  1. La tutela del locatore: ingiustificato arricchimento

Nell’ipotesi in cui il conduttore chieda la restituzione integrale dei canoni versati, il locatore ha la facoltà di eccepire l’ingiustificato arricchimento del conduttore, derivante dall’utilità goduta attraverso l’utilizzo dell’immobile.

Tuttavia, la Cassazione precisa che il credito del locatore per l’ingiustificato arricchimento deve essere liquidato nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dal locatore stesso. Tale diminuzione patrimoniale non coincide con il mancato guadagno che il locatore avrebbe potuto conseguire in presenza di un contratto valido, bensì corrisponde alla perdita oggettiva derivante dalla concessione in uso dell’immobile.

 

  1. La decisione della Corte di Cassazione

L’ordinanza n. 32696/2024 ha parzialmente annullato la sentenza n. 2102/2024 della Corte d’Appello di Roma. Quest’ultima aveva negato la restituzione integrale dei canoni versati dal conduttore, ritenendo che ciò avrebbe comportato un ingiustificato arricchimento del conduttore stesso.

La Suprema Corte, al contrario, ha affermato che, in caso di nullità del contratto:

  • Il conduttore ha diritto alla restituzione dei canoni versati;
  • Il locatore può sollevare l’eccezione di arricchimento senza causa, ma nei limiti della diminuzione patrimoniale effettivamente subita, e non per l’intero ammontare dei canoni.

 

  1. Implicazioni pratiche

La decisione della Cassazione stabilisce un importante principio di diritto: il locatore non può avvalersi della nullità del contratto per trarre un vantaggio economico basato sul mancato guadagno teorico. L’equilibrio delle posizioni contrattuali impone una valutazione rigorosa della perdita patrimoniale subita, evitando soluzioni che possano ingiustamente arricchire una delle parti.

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La pronuncia della Cassazione n. 32696/2024 offre un’interpretazione chiara dei rapporti tra le parti in caso di nullità del contratto di locazione. Si riconosce il diritto del conduttore alla restituzione dei canoni versati, mentre il locatore, attraverso l’azione di ingiustificato arricchimento, può ottenere un’indennità calcolata sulla perdita patrimoniale effettiva e non sul lucro cessante.

Cartella di Pagamento e Pignoramento

a cura dell’Avv. Francesco Cervellino

Pignoramento e vizi della notifica: obbligo di tempestiva impugnazione

La recente ordinanza n. 32671 della Corte di Cassazione (depositata il 16 dicembre 2024) ribadisce i principi in materia di impugnazione degli atti tributari, con particolare riferimento al pignoramento presso terzi e ai vizi di notifica della cartella di pagamento.

  1. Il principio della tempestiva impugnazione

Quando un pignoramento presso terzi costituisce il primo atto con cui viene manifestata la pretesa tributaria, il contribuente è legittimato a contestare l’assenza di notifica dell’atto presupposto (ad esempio, una cartella di pagamento). Secondo quanto stabilito dalla Corte, l’impugnazione deve essere effettuata entro 60 giorni dalla notifica del pignoramento. La mancata opposizione nei termini comporta la consolidazione della pretesa tributaria e preclude la possibilità di sollevare vizi relativi all’atto precedente.

  1. Ambiti di impugnazione e limiti giurisdizionali

Il contribuente, a sua discrezione, può:

  1. Impugnare il solo atto di pignoramento, eccependo l’assenza di notifica di un valido provvedimento impositivo. In questo caso, la competenza è attribuita al giudice tributario e l’esame si limiterà alla validità della notifica.
  2. Impugnare cumulativamente sia l’atto di pignoramento sia la cartella esattoriale. In tale ipotesi, il giudice sarà chiamato a valutare anche il merito della pretesa tributaria.

L’ordinanza richiama l’importanza di tale scelta poiché, in molti casi, il pignoramento rappresenta l’unica occasione per contestare la validità della cartella, considerato che l’impugnazione diretta della stessa è limitata alle ipotesi tassative previste dall’art. 12, comma 4, del DPR 602/1973, come recentemente ampliato dal Dlgs 110/2024.

  1. Vizi dell’esecuzione e giurisdizione ordinaria

Diversamente, qualora il contribuente voglia eccepire vizi dell’attività esecutiva (es. prescrizione del credito tributario o impignorabilità di beni), l’atto di pignoramento deve essere opposto dinanzi al giudice ordinario, come sancito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 7822/2020.

  1. Notifica del ricorso e agenti coinvolti

La riforma del contenzioso tributario (Dlgs 220/2023), modificando l’art. 14 del Dlgs 546/1992, ha introdotto ulteriori obblighi formali. In particolare, laddove il contribuente intenda contestare il difetto di notifica dell’atto presupposto, è necessario notificare il ricorso sia all’Agenzia delle Entrate sia all’agente della riscossione.

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L’ordinanza della Suprema Corte n. 32671/2024 rappresenta un monito importante per i contribuenti: ogni vizio relativo alla notifica della cartella di pagamento deve essere eccepito tempestivamente, in sede di impugnazione dell’atto di pignoramento. Eventuali ritardi possono compromettere irrimediabilmente la difesa del contribuente, con il consolidamento definitivo della pretesa tributaria.