L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 13741/2025 in tema di licenziamento illegittimo

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino e Avv. Francesca Coppola

La recente ordinanza n. 13741 del 2025 della Corte di Cassazione assume rilevanza sistemica nel panorama giuslavoristico, offrendo un chiarimento interpretativo di cruciale importanza in ordine alla portata applicativa dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, con particolare riguardo al regime sanzionatorio dell’indennità risarcitoria conseguente a licenziamento dichiarato illegittimo. La questione centrale trattata dalla Suprema Corte attiene alla possibilità di maggiorazione della suddetta indennità, fino a un massimo di quattordici mensilità, ed alla verifica dei presupposti legittimanti tale incremento.

Nel caso sottoposto all’attenzione della giurisprudenza di legittimità, la Corte d’appello, riformando la pronuncia di primo grado, aveva riconosciuto ad una lavoratrice licenziata per giustificato motivo oggettivo un’indennità risarcitoria pari a quattordici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, valorizzando l’anzianità lavorativa ultraventennale della stessa. Tuttavia, il datore di lavoro impugnava tale statuizione evidenziando l’assenza del requisito dimensionale, non essendo l’impresa riconducibile alla soglia occupazionale di cui al secondo periodo del citato articolo 8.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso datoriale, enucleando in modo puntuale la necessaria sussistenza congiunta di due condizioni cumulative per l’operatività del regime di maggiorazione dell’indennità risarcitoria: l’anzianità lavorativa del dipendente (superiore a dieci anni per la maggiorazione a dieci mensilità, e superiore a venti per quella a quattordici mensilità) e la dimensione aziendale, intesa come occupazione di più di quindici e fino a sessanta lavoratori. Quest’ultima deve essere computata in riferimento al numero complessivo di dipendenti distribuiti in unità produttive e ambiti comunali, ciascuno dei quali inferiore alla soglia dei quindici dipendenti.

La pronuncia in esame si inserisce in un filone ermeneutico volto a ribadire la specificità e l’autonomia del regime sanzionatorio delineato dall’articolo 8 della legge n. 604 del 1966, in relazione alla disciplina contenuta nell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), quest’ultimo applicabile esclusivamente a realtà imprenditoriali di dimensioni superiori. Tale distinzione normativa, corroborata dall’evoluzione legislativa successiva – in particolare dalla legge 11 maggio 1990, n. 108 – consente di definire un sistema di tutele proporzionato alla struttura organizzativa dell’impresa, scongiurando l’applicazione indiscriminata di sanzioni risarcitorie particolarmente gravose a carico di datori di lavoro di modeste dimensioni.

Il Supremo Collegio ha altresì evidenziato l’importanza di un’interpretazione sistematica e coordinata delle norme in materia di licenziamento, richiamando a tal fine un proprio precedente risalente (Cass. n. 6531/2001), secondo cui l’introduzione del regime di maggiorazione va letta in chiave di integrazione e non di sovrapposizione rispetto alla disciplina generale dei licenziamenti individuali. In tal modo, si conferma che la tutela prevista dall’articolo 8 è concepita come misura alternativa a quella reintegratoria di cui all’articolo 18, destinata a trovare applicazione nei confronti dei datori di lavoro esclusi da quest’ultimo per carenza del requisito dimensionale.

Alla luce di quanto esposto, appare evidente come la decisione della Corte di Cassazione risponda all’esigenza di ristabilire un corretto equilibrio tra i contrapposti interessi della stabilità occupazionale del lavoratore e della libertà di iniziativa economica del datore di lavoro, entrambi costituzionalmente tutelati. Il principio di proporzionalità delle sanzioni e la necessità di evitare indebiti aggravi a carico delle imprese minori costituiscono le direttrici ermeneutiche che permeano l’intero impianto motivazionale dell’ordinanza in oggetto.

La pronuncia n. 13741/2025 rappresenta un ulteriore tassello nel complesso mosaico normativo e giurisprudenziale che disciplina il recesso unilaterale del datore di lavoro, riaffermando la centralità del criterio dimensionale nella definizione delle conseguenze sanzionatorie del licenziamento illegittimo e ribadendo la necessità di un’interpretazione coerente, sistematica e finalisticamente orientata dell’intero corpus normativo in materia.

12 giugno 2025