L’indennità risarcitoria per i licenziamenti illegittimi nelle microimprese dopo la sentenza 118/2025 della Corte costituzionale: profili di incostituzionalità, diritto dell’Unione e prospettive di riforma.

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino e Avv. Francesca Coppola

Premessa metodologica e obiettivi dell’indagine

Si osserva che la sentenza n. 118 del 22 luglio 2025 della Corte costituzionale (di seguito, «CC») costituisce un passaggio dirimente nel processo, ormai decennale, di ri-equilibrio delle tutele contro i licenziamenti illegittimi introdotte con il Jobs Act – locuzione con la quale si indica, in maniera sintetica, il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 («D.Lgs. 23/2015»). Il presente contributo si propone di approfondire, secondo una prospettiva giuridico-economica, gli effetti sistemici della declaratoria di incostituzionalità del limite massimo di sei mensilità previsto per l’indennità risarcitoria dovuta dai datori di lavoro che occupino un numero di dipendenti pari o inferiore a quindici (le c.d. microimprese). L’analisi si articola lungo quattro direttrici: ricostruzione del quadro normativo anteriore alla pronuncia; esame critico della motivazione della CC; interazione con il diritto dell’Unione europea; implicazioni economiche e prospettive di intervento legislativo.

Il perimetro normativo ante 2025 e la logica del doppio dimezzamento

All’esito della riforma del 2015, la tutela del lavoratore licenziato illegittimamente risultava graduata in base alla dimensione occupazionale del datore di lavoro. Il meccanismo si basava su un duplice criterio: dimezzamento della forbice indennitaria rispetto al regime generale applicabile alle imprese sopra la soglia dimensionale e previsione, per le microimprese, di un tetto fisso ed insuperabile di sei mensilità. La soluzione si giustificava, in chiave politico-legislativa, con la pretesa di non gravare eccessivamente sulla capacità finanziaria delle realtà produttive di piccola scala. Tuttavia, la rigidità del modello determinava una protezione marcatamente inferiore rispetto a quella assicurata ai lavoratori di imprese medio-grandi, comprimendo finalità tanto riparatorie quanto deterrenti.

Le censure di legittimità costituzionale: parametro dell’articolo 3 Cost. e valore del principio di eguaglianza sostanziale

Appare evidente che la CC abbia valorizzato il principio di eguaglianza in una dimensione sostanziale, giudicando irragionevole un trattamento deteriore non ancorato a criteri oggettivi di proporzionalità tra gravità dell’inadempimento datoriale e quantum del ristoro. La rigidità del tetto, qualificato come forfait automatico, precludeva ogni valutazione in concreto delle conseguenze individuali del recesso, impedendo la personalizzazione dell’indennizzo, con ciò violando non solo l’articolo 3 Cost. ma anche i precetti di adeguatezza e proporzionalità che permeano il diritto del lavoro in una prospettiva evolutiva. La CC, nell’argomentare la pronuncia, ha altresì richiamato la tutela della dignità del lavoratore (articolo 36 Cost.) e la necessità che la sanzione ottemperi alla funzione dissuasivo-preventiva riconosciuta alle misure risarcitorie in dottrina e giurisprudenza.

Il dialogo con la giurisprudenza unionale: effettività, dissuasività, proporzionalità

Il percorso ermeneutico tracciato dalla CC si inserisce nel solco della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea («CGUE») – si richiamino, inter alia, le decisioni Marshall, Von Colson e, in materia lavoristica, Porras Guisado – ove si afferma che la sanzione deve essere «effettiva, proporzionata e dissuasiva». La disciplina censurata, per la sua intrinseca modestia economica, risultava inidonea a dissuadere comportamenti elusivi e a reintegrare integralmente il danno sofferto, ponendosi in contrasto con l’articolo 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (protezione in caso di licenziamento ingiustificato) e con la direttiva 2019/1152/UE, che valorizza il principio di certezza e adeguatezza delle tutele.

Dimensione economica e law and economics del licenziamento nelle microimprese

Sul piano economico, l’eliminazione del tetto massimo incrementa il costo atteso del licenziamento illegittimo, modificando la struttura degli incentivi e potenzialmente riducendo l’incidenza di recesso ingiustificato. Nell’ottica dell’analisi economica del diritto (law and economics), la ricalibratura dell’indennità serve sia a internalizzare esternalità negative – quali la perdita di capitale umano e l’instabilità occupazionale – sia a preservare un adeguato livello di flessibilità imprenditoriale. Resta comunque una disparità di tutela rispetto ai lavoratori delle imprese medio-grandi, poiché continua ad operare il dimezzamento della forbice; disparità che, seppur ritenuta temporaneamente ragionevole dalla CC, potrebbe divenire oggetto di future censure laddove il legislatore non intervenga a definire parametri più analitici.

Comparazione con altri ordinamenti: Spagna e Germania

Un rapido confronto comparatistico evidenzia che in Spagna, dopo la riforma del 2022, la tutela indennitaria per licenziamento senza giusta causa varia da trentatré giorni a quarantacinque giorni di salario per anno di servizio, senza differenziazioni dimensionali, mentre in Germania il Kündigungsschutzgesetz garantisce al lavoratore illegittimamente licenziato la reintegrazione o, in alternativa, un’indennità determinata dal giudice in misura pari a uno o due mesi di retribuzione per ogni anno di anzianità. Nessuno dei due sistemi prevede una riduzione automatica correlata al numero di dipendenti, lasciando piuttosto spazio alla valutazione giudiziale e alla contrattazione collettiva.

Il nuovo assetto post-sentenza: ruolo del giudice e rischio di disomogeneità applicativa

La caduta del tetto massimo apre uno scenario in cui il potere discrezionale del giudice del lavoro riacquista centralità. Il ristoro potrà ora modulare fino a diciotto mensilità – limite che, per la verità, continua a discendere dal combinato disposto degli articoli 3, 4 e 6 D.Lgs. 23/2015 – conferendo al giudicante la possibilità di parametrare l’indennità al danno effettivamente patito, alla gravità della condotta datoriale, alla diligenza professionale qualificata richiesta al datore di lavoro e alle condizioni soggettive del lavoratore. Tale accentuazione del potere valutativo, se non accompagnata da linee guida legislative o da criteri tabellari di matrice collettiva, rischia tuttavia di alimentare disarmonie giurisprudenziali territoriali, con implicazioni negative sul principio di certezza del diritto.

Prospettive di intervento del legislatore: oltre la logica del mero dimezzamento quantitativo

Alla luce del monito additivo già formulato con la sentenza 183/2022 e ribadito con la decisione in commento, appare probabile un intervento del Parlamento volto a definire un sistema sanzionatorio che coniughi tre esigenze: protezione effettiva del lavoratore; sostenibilità per le microimprese; prevedibilità dell’esito giudiziale. È auspicabile l’introduzione di un criterio di base ancorato alla retribuzione mensile media nazionale, integrato da un moltiplicatore collegato ad anzianità di servizio, dimensione aziendale effettiva (rectius: fatturato o valore aggiunto), gravità del vizio e intensità del danno subito. Una opzione alternativa consisterebbe nel riconoscere al giudice un potere di adattamento entro valori-soglia diversificati, corredato da un obbligo motivazionale rafforzato, sul modello del sistema tabellare del danno non patrimoniale.

Si può concludere che la sentenza 118/2025 non solo ristabilisce la coerenza costituzionale del sistema sanzionatorio, ma inaugura un percorso di convergenza con gli standard unionali di effettività e proporzionalità delle tutele contro il licenziamento illegittimo. Resta ineludibile una riforma organica che superi l’attuale criterio del semplice dimezzamento quantitativo, introducendo parametri di calcolo che riflettano, con maggiore finezza, la diversità delle situazioni concrete. In tal modo, il diritto vivente potrà evolvere verso un equilibrio effettivo fra esigenze di flessibilità imprenditoriale e garanzie di tutela dei lavoratori, realizzando il precetto costituzionale di eguaglianza sostanziale e l’obiettivo, di matrice unionale, di protezione efficace contro i licenziamenti ingiustificati.

22 luglio 2025