A cura dell’Avv. Francesco Cervellino e Avv. Francesca Coppola
La recente sentenza n. 137/2025 della Corte costituzionale, redatta dal giudice Luca Antonini, impone una riflessione approfondita sull’equilibrio tra garanzie procedimentali e strumenti di contrasto all’evasione fiscale, con particolare riguardo all’ambito applicativo dell’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, disposizione nodale del sistema tributario italiano in tema di poteri istruttori e preclusioni probatorie.
La norma, nella sua formulazione tradizionale, prevede l’inutilizzabilità, in sede contenziosa, degli elementi informativi non prodotti dal contribuente in sede amministrativa, nonostante specifica richiesta dell’ufficio. Tale regola, lungi dall’essere un mero strumento tecnico-procedurale, si rivela idonea a incidere in profondità sul piano sostanziale, potendo compromettere la facoltà difensiva del contribuente e, in ultima analisi, alterare l’esito dell’accertamento tributario. Di qui l’esigenza di un’interpretazione costituzionalmente orientata che ne delimiti l’ambito di operatività, evitando derive punitive e sbilanciamenti nel rapporto tra autorità fiscale e soggetto passivo d’imposta.
La Corte costituzionale, nel confermare la legittimità dell’istituto, ne condiziona tuttavia l’applicabilità a una rigorosa lettura restrittiva, fondata su un accertamento sostanziale circa l’intenzionalità dell’omissione. In particolare, la tagliola dell’inutilizzabilità è ritenuta compatibile con i principi costituzionali solo qualora l’inerzia del contribuente sia espressione di un comportamento consapevole e volontariamente ostruzionistico, finalizzato a impedire o eludere il potere istruttorio dell’amministrazione. Viene pertanto esclusa ogni forma di automatismo, con implicita valorizzazione del principio di proporzionalità e del diritto alla prova come esplicazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.
Particolarmente significativo è il passaggio della sentenza che, in sintonia con un mutamento strutturale dell’amministrazione finanziaria, individua nella disponibilità da parte dell’ente impositore di banche dati digitali — tra cui spicca quella delle fatture elettroniche — un fattore dirimente nell’escludere la legittimità di richieste documentali superflue. L’argomentazione sottesa appare chiara: non può pretendersi dal contribuente la produzione di documentazione che l’amministrazione può autonomamente acquisire mediante gli strumenti informatici di cui già dispone. Una tale richiesta, oltre a porsi in contrasto con il principio di collaborazione leale tra fisco e contribuente, denota un utilizzo inefficiente e antieconomico dei poteri istruttori, con rischi evidenti di duplicazione e formalismo sanzionatorio.
Si rafforza, in tal modo, una visione del processo tributario come sede privilegiata per l’affermazione di una nuova grammatica del rapporto obbligatorio d’imposta, non più dominata da logiche autoritative ma ispirata a principi di simmetria informativa e di ragionevolezza amministrativa. L’inutilizzabilità probatoria, da rimedio eccezionale contro condotte elusive, si trasforma in una norma di sistema il cui corretto funzionamento dipende dall’adozione di criteri esegetici improntati a razionalità e proporzione.
In tale prospettiva, la giurisprudenza di legittimità ha già da tempo avviato un’opera di razionalizzazione ermeneutica, chiarendo che la sanzione processuale non può colpire fatti o documenti sottratti alla disponibilità del contribuente per causa a lui non imputabile. È stata esclusa, ad esempio, la rilevanza di omissioni imputabili al consulente fiscale, o la mancata produzione di documenti detenuti da soggetti terzi. La Corte costituzionale, recependo e ampliando tali coordinate, ne riconduce l’operatività entro i confini di un giusto equilibrio tra interesse pubblico alla corretta esazione del tributo e tutela effettiva dei diritti del contribuente.
L’impatto sistemico della decisione si misura, infine, nel contesto più ampio della riforma fiscale in atto, che promuove modelli di accertamento basati sulla prevenzione del contenzioso e sul dialogo anticipato tra amministrazione e contribuente. In tale ottica, l’accesso alle fonti digitali di prova, quali le e-fatture, diviene non solo strumento tecnico, ma presidio sostanziale di legalità e trasparenza, capace di rafforzare la fiducia reciproca e di rendere il sistema fiscale più equo e moderno.
29 luglio 2025