Patti prematrimoniali e autonomia privata nel diritto di famiglia: la nuova frontiera dell’autodeterminazione negoziale tra coniugi nella recente giurisprudenza della Cassazione

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino e Avv. Francesca Coppola

Appare oramai innegabile che il diritto delle relazioni familiari, nel suo evolversi sistemico, si stia orientando verso modelli sempre più permeabili alle dinamiche privatistiche e alla logica dell’autonomia contrattuale, come confermato dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 20415 del 21 luglio 2025. In tale provvedimento, la Suprema Corte, con un deciso scarto rispetto all’orientamento tradizionale, ha riconosciuto la legittimità di patti stipulati in costanza di matrimonio, finalizzati a regolare ex ante gli effetti patrimoniali derivanti da una eventuale futura crisi coniugale, sia essa concretizzatasi in una separazione personale ovvero in un divorzio.

Tale svolta giurisprudenziale si configura come un punto di rottura rispetto all’impostazione sinora prevalente, secondo cui simili convenzioni risultavano affette da illiceità della causa, in quanto ritenute idonee a ledere l’ordine pubblico familiare ovvero a compromettere la stabilità dell’unione coniugale. Il mutamento interpretativo si fonda su una rinnovata lettura dell’art. 1322, secondo comma, del codice civile, che consente ai privati di concludere contratti atipici qualora gli interessi perseguiti risultino meritevoli di tutela secondo l’ordinamento. In tale contesto normativo, l’interesse a predisporre una regolamentazione preventiva della crisi matrimoniale, evitando lacerazioni economico-patrimoniali e conflitti giudiziari, è stato riconosciuto come pienamente conforme ai canoni di liceità e meritevolezza.

La fattispecie esaminata dalla Corte trae origine da una vicenda paradigmatica: una coniuge, nel corso del matrimonio, aveva destinato risorse personali all’incremento del patrimonio dell’altro coniuge, in assenza di un formale riconoscimento giuridico di tale apporto. L’accordo intervenuto tra le parti prevedeva, in caso di separazione, il trasferimento di determinati beni mobili, quali un motociclo e un’imbarcazione, a compensazione del contributo patrimoniale fornito. La Cassazione ha valorizzato il carattere paritetico, simmetrico e razionale del patto, escludendo ogni intento elusivo e riconducendolo alla categoria del contratto atipico con condizione sospensiva lecita, la cui efficacia risulta subordinata all’avverarsi di un evento incerto – la separazione – ma non auspicato né incentivato dalle parti.

L’operazione ermeneutica compiuta dalla Suprema Corte si segnala per l’eleganza tecnico-giuridica con cui ha saputo collocare tali accordi in una zona franca tra contratto e status, evitando interferenze con i diritti indisponibili e preservando l’autonomia privata entro limiti coerenti con i principi fondamentali dell’ordinamento. Si valorizza, in tal modo, una concezione della famiglia non più intesa come istituzione rigidamente eteronoma, bensì come ambito di relazioni giuridiche suscettibili di modulazione negoziale, in ossequio ai principi di libertà personale, solidarietà e responsabilità.

Il riconoscimento della liceità di tali patti predivorzili si inserisce in un contesto più ampio di progressiva privatizzazione del diritto di famiglia, in cui la dimensione autoritativa cede il passo a strumenti di regolazione consensuale. È in questo scenario che si afferma il concetto di patto prematrimoniale all’italiana, che, pur mancando di un’espressa disciplina normativa, si allinea alle esperienze dei sistemi di civil law e common law europei, in particolare al prenuptial agreement anglosassone e al contrat de mariage francese.

L’apertura alla validità di simili convenzioni implica una ridefinizione dei rapporti tra autonomia contrattuale e limiti di ordine pubblico familiare, imponendo una rinnovata riflessione sui confini della disponibilità dei diritti derivanti dallo status coniugale. La distinzione tra aspetti patrimoniali, suscettibili di disciplina preventiva, e aspetti personali, sottoposti al controllo giudiziale in funzione di tutela dei soggetti deboli – minori, anzitutto – costituisce un discrimine fondamentale per la tenuta costituzionale dell’impianto ricostruttivo adottato.

In definitiva, la pronuncia in commento segna l’avvento di un paradigma giuridico più maturo e consapevole, che riconosce nei coniugi soggetti titolari di una piena capacità di autodeterminazione negoziale, anche in previsione della disgregazione del vincolo matrimoniale. Si tratta di un’evoluzione coerente con il principio personalistico di cui all’art. 2 della Costituzione e con il principio di uguaglianza sostanziale ex art. 3, comma secondo, nonché con l’orientamento favorevole all’autonomia contrattuale delineato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

L’ordinanza n. 20415/2025 rappresenta, dunque, un precedente destinato a incidere profondamente sull’architettura del diritto familiare italiano, non solo sotto il profilo dogmatico, ma anche per le sue ricadute operative nella prassi forense e nella mediazione familiare. Si apre una nuova stagione interpretativa, in cui l’intervento giurisdizionale lascia progressivamente spazio a forme di autoregolamentazione razionale e consensuale, capaci di restituire centralità alle scelte personali e di mitigare la conflittualità attraverso strumenti giuridici innovativi, improntati al principio di responsabilità contrattuale anche nell’ambito delle relazioni familiari.

29 luglio 2025