La struttura giuridica del contratto di lavoro intermittente tra condizioni oggettive, requisiti soggettivi e vincoli sanzionatori: la funzione integrativa della prassi amministrativa nell’interpretazione del D.Lgs. 81/2015

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino e Avv. Francesca Coppola

L’istituto del contratto di lavoro intermittente – disciplinato dagli articoli 13 ss. del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 – rappresenta uno strumento contrattuale ad alta intensità derogatoria rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro subordinato, concepito per soddisfare esigenze produttive episodiche o discontinue, tipiche di settori a domanda irregolare. Proprio in virtù della sua configurazione flessibile e potenzialmente distorsiva dell’assetto ordinamentale, esso è assoggettato a una serie di condizioni di legittimità, la cui violazione implica non solo l’irregolarità del rapporto, ma anche l’automatica conversione del medesimo in rapporto a tempo pieno e indeterminato, con conseguente insorgenza di responsabilità retributiva, contributiva e sanzionatoria in capo al datore di lavoro.

La ricostruzione della disciplina di riferimento impone una lettura sistematica della normativa primaria, integrata dalle numerose interpretazioni rese dalla prassi amministrativa – in particolare dall’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) – e da un corpus giurisprudenziale che, pur non ampio, si è dimostrato rilevante nell’arginare fenomeni di elusione del diritto del lavoro attraverso un uso improprio dello schema contrattuale in esame.

Ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. 81/2015, la legittimità del contratto intermittente presuppone la ricorrenza alternativa di una delle seguenti condizioni: a) lo svolgimento di attività discontinua o intermittente, espressamente individuata dalla contrattazione collettiva ovvero, in mancanza, dalla tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657; b) il possesso da parte del lavoratore di determinati requisiti anagrafici, consistenti nell’età inferiore a 25 anni (con prestazione da concludersi prima del compimento del 25° anno) o superiore a 55 anni, inclusa la condizione di pensionamento.

Sotto il profilo oggettivo, l’elenco delle attività legittimanti – benché formalmente abrogato in via normativa dall’articolo 10 della legge 13 maggio 2025, n. 56 – continua a essere utilizzato dall’amministrazione come parametro interpretativo materiale, in assenza di criteri sostitutivi adottati dal legislatore delegato. Tale richiamo, sebbene privo di valore vincolante, costituisce un punto di riferimento operativo nella prassi ispettiva, come confermato dalla nota dell’INL n. 1180 del 10 luglio 2025, la quale ammette espressamente l’utilizzo del riferimento tabellare in funzione ricognitiva e integrativa.

Sotto il profilo soggettivo, la clausola anagrafica assume una funzione esonerativa rispetto al requisito oggettivo, consentendo il ricorso al contratto intermittente anche per attività non formalmente discontinue, purché il lavoratore rientri nei parametri di età sopra richiamati. In tali casi, non è necessario che l’attività svolta sia inclusa tra quelle indicate nella tabella ministeriale o nei contratti collettivi. Il presupposto soggettivo, in quanto previsto ex lege, ha natura tassativa e insuscettibile di estensione analogica.

Elemento di particolare rilevanza pratica è la comunicazione obbligatoria preventiva della chiamata, ex articolo 15, comma 3, del medesimo decreto legislativo. L’adempimento, da effettuarsi mediante modello “Uni-Intermittente”, riveste natura costitutiva della regolarità della prestazione. Il mancato invio comporta non solo l’irregolarità del rapporto, ma, secondo consolidato orientamento ispettivo, la riqualificazione della prestazione in lavoro subordinato ordinario, con potenziale applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 18, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015.

Ulteriore limite strutturale è rappresentato dal tetto massimo delle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari con il medesimo datore, oltre le quali il rapporto si trasforma automaticamente, ex lege, in contratto a tempo pieno e indeterminato. Tale soglia, tuttavia, non trova applicazione nei settori turistico-alberghiero, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, nei quali la struttura della domanda giustifica una maggiore elasticità del vincolo temporale.

La prassi applicativa, oggetto di interpretazione da parte dell’INL, ha ulteriormente chiarito che l’uso del contratto a chiamata in concomitanza con trattamenti di integrazione salariale (CIG ordinaria o straordinaria) è ammesso esclusivamente per attività distinte rispetto a quelle interessate dal provvedimento di sospensione o riduzione dell’orario. Ciò in quanto, in presenza di mansioni coincidenti, si configurerebbe una violazione dell’obbligo di rotazione e del principio di effettività dell’intervento di sostegno al reddito.

Altro profilo emerso in sede di approfondimento riguarda l’impiego del contratto intermittente nelle imprese alimentari. La possibilità di accesso a tale tipologia contrattuale risulta subordinata all’inquadramento del datore di lavoro tra i pubblici esercizi, in conformità al codice attività ATECO. Sono dunque escluse dall’ambito applicativo le realtà aziendali che, seppur operanti nel medesimo comparto merceologico, non rientrano nella nozione giuridica di esercizio pubblico ai sensi delle disposizioni settoriali.

Il contratto di lavoro intermittente si presenta come uno strumento ad alta specializzazione giuridica, la cui legittimità è subordinata alla coerenza strutturale tra forma contrattuale e contesto operativo. La complessità applicativa, ulteriormente accresciuta dalla funzione integrativa della prassi amministrativa e dall’assenza di un quadro normativo compiutamente coordinato, impone un approccio cautelativo e altamente professionalizzato da parte dei consulenti del lavoro e dei datori. L’omessa verifica preliminare dei requisiti e degli adempimenti può dar luogo a rilevanti conseguenze sanzionatorie e giurisprudenziali, rendendo essenziale il ricorso a valutazioni ex ante e, ove necessario, a strumenti preventivi di chiarimento quali l’interpello amministrativo o la consulenza giuridica qualificata.

23 agosto 2023