Accollo interno tra coniugi e valore probatorio delle comunicazioni informali: una lettura evolutiva dei confini dell’autonomia negoziale familiare

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino e Avv. Francesca Coppola

La sentenza n. 1620 del 17 luglio 2025, emessa dal Tribunale di Catanzaro (Sezione II Civile, giudice dott.ssa Song Damiani), costituisce un’importante occasione di riflessione sull’estensione della libertà negoziale nel diritto delle relazioni familiari e sull’impiego degli strumenti comunicativi informali – in primis le conversazioni telematiche – quale fonte di prova dell’esistenza di obbligazioni assunte inter partes, anche al di fuori dei canoni formali tradizionali.

Il nucleo problematico della decisione attiene alla validità e opponibilità di un accordo extragiudiziale tra ex coniugi, relativo all’accollo integrale del mutuo contratto in costanza di matrimonio, stipulato con finalità di acquisto della casa familiare, e pagato interamente da uno solo degli ex coniugi, a fronte della rinuncia dell’altro all’assegno di mantenimento. La questione è stata sollevata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, proposto dalla parte obbligatasi nel patto non formalizzato, che pretendeva il rimborso del 50% delle rate versate in via esclusiva, in quanto cointestatario del debito ipotecario.

Il Tribunale, ritenendo provata l’esistenza dell’accordo negoziale in via informale e successiva alla separazione, ha disposto la revoca del decreto ingiuntivo, ponendo in luce aspetti fondamentali della disciplina civilistica: da un lato, il riconoscimento della validità degli accordi privatistici extragiudiziali conclusi tra coniugi in pendenza o all’esito della crisi matrimoniale; dall’altro, l’ammissibilità della prova atipica documentale e testimoniale – ivi incluse le chat via WhatsApp – idonea a fondare un principio di prova per iscritto ai sensi dell’art. 2724 c.c.

L’impianto motivazionale della sentenza si fonda su un’elaborazione giurisprudenziale che ha progressivamente ampliato i confini dell’autonomia contrattuale in ambito familiare. Si assiste, infatti, all’evoluzione di un orientamento consolidato che ammette la possibilità per i coniugi di stipulare accordi patrimoniali al di fuori dell’omologazione giudiziale, purché non interferiscano con i diritti indisponibili ex art. 160 c.c., né pregiudichino gli interessi dei figli o di altri soggetti ritenuti vulnerabili. In tale ottica, si è progressivamente affermato che la regolamentazione degli aspetti economico-patrimoniali della crisi coniugale può avvenire in via stragiudiziale, anche attraverso strumenti negoziali atipici, la cui validità è subordinata alla coerenza sistematica con i principi generali dell’ordinamento e con l’interesse tutelato.

Di particolare rilievo, nella pronuncia in esame, è la valorizzazione della figura dell’accollo interno, configurabile quale accordo inter partes con cui uno dei condebitori solidali assume, per ragioni convenzionali, l’obbligo di sostenere integralmente il peso economico del debito comune, senza modificare la struttura dell’obbligazione nei confronti del creditore. Tale figura, estranea alla codificazione positiva ma ampiamente riconosciuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità, si distingue dall’accollo cumulativo o privativo di cui all’art. 1273 c.c., poiché incide esclusivamente nei rapporti interni tra condebitori e non attribuisce alcun diritto al creditore, che rimane estraneo al patto.

Nella fattispecie, l’elemento cruciale risiede nella ricostruzione del contenuto negoziale dell’accordo, desumibile aliunde sulla base di plurimi indizi concordanti: le dichiarazioni testimoniali rese dai figli, i comportamenti concludenti dell’accollante e, soprattutto, il contenuto di comunicazioni telematiche che, pur in assenza di sottoscrizione formale, rivelano inequivocabilmente la volontà di assumere un obbligo economico. In tal senso, la decisione in commento ha il merito di riconoscere la valenza documentale degli screenshot di chat WhatsApp, qualificandoli come principio di prova scritta ai sensi dell’art. 2724 n. 1 c.c., anche in assenza di riconoscimento esplicito, purché non espressamente disconosciuti dalla parte contro la quale sono prodotti.

Non meno significativa è la valorizzazione dell’impossibilità morale di procurarsi una prova scritta, che, nell’ambito delle relazioni familiari in crisi, si fonda su presupposti di tipo relazionale e psicologico: il timore di incrinare ulteriormente il rapporto, la necessità di evitare ulteriori conflitti in presenza di figli minori, o la fragilità emotiva di uno dei soggetti contraenti. Il Tribunale, mostrando sensibilità giuridica e adesione al dato fattuale, ha ritenuto sufficiente la ricorrenza di una situazione di oggettivo impedimento psicologico, corroborata da elementi documentali e testimoniali, per integrare il presupposto di cui all’art. 2724 n. 2 c.c.

La sentenza si colloca dunque nell’ambito di un rinnovato paradigma interpretativo, che tende ad ampliare l’orizzonte dell’autonomia contrattuale in ambito familiare, in un’ottica di bilanciamento tra libertà negoziale e protezione dei soggetti deboli. Essa contribuisce a consolidare la tesi secondo cui gli accordi stragiudiziali tra coniugi, purché non lesivi dei diritti indisponibili, possono produrre effetti giuridici vincolanti anche in assenza di omologazione giudiziale, ove sorretti da elementi probatori idonei e coerenti con il principio di buona fede oggettiva.

Dal punto di vista sistematico, la pronuncia si distingue altresì per l’inquadramento teorico dell’accollo interno quale strumento di redistribuzione dell’onere obbligatorio tra condebitori solidali, in deroga al principio di presunzione egualitaria ex art. 1298, comma 2, c.c. In tal senso, essa riafferma la legittimità dell’autonomia dispositiva anche in ipotesi di obbligazioni solidali, consentendo alle parti di modulare gli equilibri economici della separazione o del divorzio sulla base di valutazioni soggettive e contingenze personali, nel rispetto della ratio solidaristica che informa il diritto delle persone e della famiglia.

Si può affermare che la sentenza del Tribunale di Catanzaro costituisce un punto di riferimento per tutti gli operatori del diritto – avvocati, magistrati, commercialisti e studiosi – impegnati nella gestione delle dinamiche economico-patrimoniali connesse alla crisi del vincolo coniugale. Essa si segnala non solo per l’adesione a un orientamento giurisprudenziale evolutivo, ma anche per l’approccio pragmatico e coerente con le esigenze di tutela delle situazioni giuridiche soggettive emergenti nell’ambito dei rapporti familiari. La decisione riafferma, infine, il valore del diritto vivente nella ricostruzione dei rapporti obbligatori e nella definizione delle regole probatorie, in un contesto in cui le forme della comunicazione sociale e giuridica risultano sempre più fluide e dematerializzate.

5 settembre 2025