L’assegno post-unione civile tra funzione compensativa e solidarietà: l’estensione dei principi divorzili alla luce dell’ordinanza n. 25495/2025 della Cassazione

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino

La recente ordinanza n. 25495 del 2025, emanata dalla Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, segna un momento di rilevante innovazione sistematica nel panorama giurisprudenziale nazionale in materia di assegno in favore del partner dell’unione civile sciolta. L’intervento dei giudici di legittimità assume particolare rilievo poiché chiarisce definitivamente che i criteri giurisprudenziali elaborati in materia di assegno divorzile devono essere applicati, in via estensiva e sistematica, anche al caso di scioglimento delle unioni civili, valorizzando così la piena equiparazione sostanziale tra i due istituti sotto il profilo delle conseguenze economiche derivanti dalla cessazione del legame affettivo e giuridico formalizzato.

Tale impostazione si colloca nel solco di una giurisprudenza evolutiva che ha progressivamente ridefinito la funzione dell’assegno divorzile, ormai declinata in una dimensione composita, comprendente la funzione assistenziale, quella perequativa e, soprattutto, quella compensativa. La Corte sottolinea come, anche all’interno delle unioni civili, la corresponsione dell’assegno possa trovare giustificazione non solo nella mera inadeguatezza dei mezzi del richiedente, ma anche e soprattutto nella funzione compensativa, la quale si concretizza nel riconoscimento del contributo fornito alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, laddove tale apporto abbia comportato un apprezzabile sacrificio delle legittime aspettative professionali e reddituali del partner economicamente più debole.

Si osserva che la decisione in commento interviene all’interno di un contenzioso articolato, sviluppatosi in più gradi di giudizio, nel quale la Suprema Corte aveva già avuto modo di pronunciarsi con la sentenza n. 35969/2023, imponendo alla Corte territoriale un riesame della fattispecie alla luce della necessità di considerare anche il periodo di convivenza prematrimoniale. In tal modo si rafforza l’orientamento secondo cui la valutazione del contributo fornito alla vita familiare non può essere rigidamente ancorata al solo arco temporale dell’unione civilmente registrata, ma deve estendersi all’intera durata effettiva del rapporto affettivo e solidale.

Appare evidente come la Corte intenda valorizzare, in un’ottica ispirata ai principi di solidarietà e di autoresponsabilità, la reale incidenza delle scelte condivise all’interno della relazione, superando la rigida cesura tra periodo di convivenza e periodo di unione formalizzata. Tale approccio trova fondamento nell’art. 2 Cost., nella parte in cui tutela le formazioni sociali ove si svolge la personalità dell’individuo, e si riflette nella necessità di accertare, ai fini del riconoscimento dell’assegno, se lo squilibrio economico tra le parti sia effettivamente riconducibile a scelte comuni di vita familiare e non sia invece frutto di mere contingenze reddituali o lavorative.

La distinzione tra funzione assistenziale e funzione compensativa dell’assegno viene ripresa e ulteriormente precisata, in linea con gli approdi ermeneutici delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 18287/2018), chiarendo che la prima si giustifica solo laddove il soggetto richiedente non sia in grado, nonostante l’impiego di ogni diligente sforzo, di condurre una vita autonoma e dignitosa; la seconda, invece, trova fondamento in un sacrificio sostanziale delle legittime aspirazioni professionali, determinato dall’assunzione di un ruolo preponderante all’interno del nucleo familiare. Laddove sussista la funzione compensativa, l’assegno non si limita a garantire il soddisfacimento delle esigenze esistenziali, ma si parametrizza all’effettivo contributo fornito alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro componente della coppia.

L’innovazione più significativa della pronuncia in esame consiste, dunque, nella piena assimilazione della disciplina dell’assegno post-unione civile a quella dell’assegno divorzile, con tutte le implicazioni che ne derivano in termini di onere della prova, criteri valutativi e accertamento giudiziale. Non si tratta, pertanto, di un mero recepimento di principi già noti, bensì di un’estensione sistematica e consapevole del perimetro applicativo delle tutele economiche post-relazionali, che riconosce pari dignità e pari effetti giuridici alla relazione omoaffettiva formalizzata attraverso l’unione civile, in piena aderenza con l’art. 3 Cost. e con il principio di uguaglianza sostanziale.

La pronuncia si innesta in un contesto più ampio di progressiva assimilazione tra matrimonio e unione civile, almeno sotto il profilo degli effetti patrimoniali e solidaristici derivanti dalla cessazione del vincolo, e si pone in linea di continuità con un orientamento ormai consolidato che tende a superare ogni residua asimmetria tra le due figure. Essa rappresenta uno snodo fondamentale per la costruzione di un diritto delle relazioni familiari maggiormente inclusivo, capace di riflettere con coerenza e sensibilità le trasformazioni della società contemporanea, in cui il parametro del tenore di vita pregresso viene definitivamente superato a favore di un criterio fondato sulla partecipazione effettiva alla realizzazione del progetto familiare.

L’ordinanza n. 25495/2025 si segnala per la sua portata evolutiva e chiarificatrice, costituendo un autorevole punto di riferimento per la giurisprudenza futura e un passaggio decisivo verso la piena attuazione dei principi costituzionali di uguaglianza, solidarietà e dignità della persona nell’ambito delle unioni civili, aprendo la strada a un’applicazione sempre più sofisticata, equitativa e personalizzata dell’assegno post-relazione nei rapporti giuridicamente formalizzati ma non matrimoniali.

18 settembre 2025