A cura dell’Avv. Francesco Cervellino
La recente ordinanza della Corte di cassazione n. 27132 del 2025 offre un rilevante contributo ricostruttivo in materia di tutela giurisdizionale contro i verbali ispettivi dell’Ispettorato nazionale del lavoro, segnando un punto di svolta nel delineare i confini dell’interesse ad agire ex articolo 100 del codice di procedura civile. La pronuncia si inserisce nel più ampio dibattito sulla natura e sugli effetti giuridici del verbale unico di accertamento e notificazione, in particolare quando esso contenga rilievi suscettibili di incidere sulla posizione contributiva dell’impresa, anche in assenza di una formale quantificazione dei contributi dovuti.
In via introduttiva, occorre richiamare la ratio del sistema ispettivo in materia lavoristica e previdenziale, che si fonda su un complesso intreccio di poteri di accertamento e funzioni sanzionatorie esercitate da autorità amministrative diverse, quali l’Ispettorato nazionale del lavoro e l’Istituto nazionale della previdenza sociale. Tale sistema è strutturato in modo da consentire, a seguito dell’attività di vigilanza, l’individuazione di violazioni delle norme sul lavoro e la successiva attivazione del procedimento di recupero dei contributi omessi. Tuttavia, la coesistenza di atti a contenuto plurimo – amministrativo, sanzionatorio e pregiudiziale alla formazione del credito previdenziale – ha generato nel tempo incertezze circa la possibilità per il destinatario di reagire immediatamente contro il verbale ispettivo, prima dell’intervento degli enti previdenziali.
La giurisprudenza di merito aveva, sino a tempi recenti, mostrato un orientamento restrittivo, escludendo la sussistenza di un interesse concreto ed attuale ad agire contro verbali dell’Ispettorato non seguiti da specifici provvedimenti dell’ente previdenziale. In questa prospettiva, l’atto ispettivo sarebbe stato privo di immediata lesività, risolvendosi in una mera segnalazione di illeciti e in un rinvio all’autorità competente per l’adozione dei conseguenti provvedimenti. Tale impostazione, fondata su un approccio formalistico dell’atto amministrativo, finiva tuttavia per comprimere in modo eccessivo la tutela giurisdizionale del soggetto ispezionato, costringendolo ad attendere l’emanazione di ulteriori atti potenzialmente più gravosi.
La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha invece operato una significativa revisione di tale indirizzo, valorizzando una concezione sostanziale dell’interesse ad agire. La Corte ha riconosciuto che il verbale unico di accertamento e notificazione può costituire, di per sé, un atto immediatamente lesivo, qualora le violazioni ivi accertate siano idonee a fondare un futuro recupero contributivo. In tal caso, il destinatario è legittimato a promuovere un’azione di accertamento negativo, volta a rimuovere lo stato di incertezza sul rapporto previdenziale e sulle eventuali obbligazioni contributive derivanti dalle risultanze ispettive.
Il ragionamento della Corte si fonda su una duplice considerazione. In primo luogo, gli enti previdenziali possono procedere alla formazione dei propri atti esecutivi di recupero anche sulla sola base del verbale ispettivo, senza ulteriori accertamenti. In secondo luogo, l’esistenza di un verbale che contenga rilievi in materia di rapporti di lavoro irregolari è sufficiente a determinare, per l’impresa, una condizione di potenziale irregolarità contributiva, idonea a incidere sul rilascio del Documento unico di regolarità contributiva (Durc). Tale situazione, a sua volta, può avere conseguenze rilevanti sulla possibilità di partecipare a procedure di appalto pubblico, configurando un pregiudizio concreto e attuale che radica l’interesse ad agire.
La pronuncia in esame segna, dunque, un superamento della tradizionale distinzione rigida tra atti preparatori e atti lesivi, in favore di una visione funzionale dell’interesse processuale, coerente con l’articolo 24 della Costituzione. L’interesse ad agire, in questa prospettiva, non è più ancorato alla sola esistenza di un provvedimento finale, ma alla concreta idoneità dell’atto a determinare effetti giuridici pregiudizievoli. Tale approccio risponde altresì a un principio di effettività della tutela giurisdizionale, impedendo che l’inerzia o la discrezionalità amministrativa possano tradursi in un vuoto di tutela per il privato.
Sul piano sistematico, l’ordinanza della Cassazione si allinea al disposto dell’articolo 24, comma 3, del decreto legislativo n. 46 del 1999, che ammette l’azione di accertamento negativo in materia contributiva contro i verbali contenenti pretese al pagamento di crediti previdenziali. Tale norma, tradizionalmente interpretata in modo restrittivo, viene ora valorizzata nella sua funzione garantistica, conferendo rilievo autonomo all’atto ispettivo quale elemento costitutivo del potere di riscossione dell’ente previdenziale.
La decisione ha inoltre un importante risvolto pratico per le imprese. Essa consente di anticipare il momento della tutela giudiziaria, evitando che l’efficacia pregiudizievole del verbale si traduca in effetti economici immediati, come la sospensione del Durc o l’impossibilità di accedere a commesse pubbliche. In tal senso, l’orientamento della Suprema Corte contribuisce a ristabilire un equilibrio tra le esigenze di controllo dell’amministrazione e la salvaguardia delle garanzie difensive dei soggetti ispezionati.
L’ordinanza n. 27132 del 2025 rappresenta un significativo avanzamento nella definizione dei limiti e delle condizioni dell’interesse ad agire in materia previdenziale. Essa afferma, in termini chiari, che l’interesse processuale non può essere valutato in astratto, ma deve essere commisurato agli effetti concreti che l’atto amministrativo è idoneo a produrre nella sfera giuridica del destinatario. La pronuncia si colloca, pertanto, nel solco di una giurisprudenza orientata alla piena effettività del diritto di difesa, riconoscendo al giudice del lavoro un ruolo centrale nella composizione del conflitto tra poteri ispettivi e garanzie costituzionali. Tale impostazione, oltre a rafforzare la tutela delle imprese, offre una chiave di lettura coerente con i principi di proporzionalità e ragionevolezza che informano l’ordinamento processuale contemporaneo.
23 ottobre 2025
Lo stesso elaborato anche su taxlegaljob.net