
A cura dell’Avv. Francesco Cervellino
L’introduzione, con il Decreto-Legge n. 159 del 2025, dell’obbligo di iscrizione della Posta Elettronica Certificata (PEC) personale per gli amministratori di società di capitali costituisce una significativa innovazione nel quadro della digitalizzazione societaria italiana. La disposizione, collocata all’articolo 13, comma 3, lettera a), ha natura esogena rispetto al contesto del provvedimento, originariamente dedicato alla sicurezza sul lavoro, e produce un effetto dirompente sull’assetto giuridico della governance aziendale. L’analisi giuridico-sistematica di tale obbligo consente di valutarne la portata, le implicazioni interpretative e le criticità applicative, alla luce dei principi generali del diritto societario e della disciplina del domicilio digitale.
L’intervento legislativo si innesta in un contesto in cui la tracciabilità digitale delle comunicazioni d’impresa è già garantita dall’obbligo, vigente dal 2008, di dotare la società di una propria PEC. La novità del 2025 consiste nella separazione giuridica tra il domicilio digitale dell’ente e quello della persona fisica che lo amministra. La finalità apparente risiede nel rafforzamento della responsabilità individuale e nella certezza delle notifiche telematiche, ma la ratio effettiva appare opaca, considerato che gli stessi soggetti apicali già gestiscono la PEC societaria. Il risultato è un aggravio formale e operativo, che non si inserisce in una riforma organica del diritto societario digitale, ma rappresenta piuttosto un intervento puntuale e non coordinato.
Sotto il profilo soggettivo, l’obbligo riguarda gli amministratori di società di capitali, cooperative e società consortili. In particolare, la norma individua le figure dell’Amministratore Unico, dell’Amministratore Delegato e, in mancanza di quest’ultimo, del Presidente del Consiglio di Amministrazione. L’elemento innovativo risiede nella personalizzazione dell’obbligo: la PEC deve essere personale e distinta da quella della società, con divieto espresso di eleggere il proprio domicilio digitale presso la sede dell’ente. Tale distinzione determina un effetto di duplicazione degli oneri, specialmente nelle società unipersonali, dove il socio unico coincide spesso con l’amministratore unico. Sul piano operativo, la gestione autonoma della casella richiede diligenza costante, poiché la notifica via PEC si considera perfezionata indipendentemente dalla lettura del messaggio.
Il decreto esclude esplicitamente dall’obbligo le società di persone, quali le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice, coerentemente con il diverso regime di responsabilità che le caratterizza. In tali forme, la responsabilità illimitata dei soci e la minore pubblicità giuridica dell’ente rendono superfluo l’obbligo di domicilio digitale personale per gli amministratori. Tuttavia, in casi eccezionali di patti sociali che introducano meccanismi di governance assimilabili a quelli delle società di capitali, l’obbligo potrebbe estendersi per analogia funzionale.
Le questioni interpretative emergono con particolare intensità nelle società a responsabilità limitata (Srl) e nelle società per azioni (Spa) che adottano modelli di amministrazione alternativi. La formulazione letterale della norma, circoscritta alle tre cariche menzionate, sembrerebbe escludere gli amministratori di Srl con gestione pluripersonale non collegiale (disgiuntiva o congiuntiva) e i membri del Consiglio di Gestione nelle Spa a sistema dualistico. Un’interpretazione teleologica, tuttavia, conduce a estendere l’obbligo anche a tali figure, sulla base del principio di equivalenza funzionale: ciò consente di mantenere la piena efficacia del sistema di notifiche e di evitare elusioni derivanti dalla pluralità di poteri gestionali.
Sul piano temporale, la disciplina distingue tra un regime transitorio e uno ordinario. Gli amministratori già in carica al 31 ottobre 2025 devono adempiere all’iscrizione della PEC personale entro il 31 dicembre successivo, mentre per le nuove nomine l’obbligo sorge contestualmente all’iscrizione nel Registro delle Imprese. L’omissione determina conseguenze di rilievo: il Registro può sospendere o rifiutare l’iscrizione della nomina o dell’atto costitutivo, impedendo di fatto l’efficacia legale dell’incarico. Si tratta di una forma di coercizione indiretta, che eleva la PEC personale a presupposto necessario della capacità di agire dell’organo amministrativo.
Le implicazioni pratiche si riflettono anche sul piano internazionale. Gli amministratori non residenti, operanti in ordinamenti privi di strumenti equivalenti alla PEC, si trovano dinanzi a difficoltà applicative e di comprensione dell’istituto. Le imprese multinazionali devono pertanto adottare protocolli interni per l’attivazione e la gestione delle caselle, con possibili affidamenti fiduciari a professionisti incaricati della verifica periodica. Tale prassi, pur non espressamente prevista dalla legge, rappresenta una soluzione di best practice per garantire la “diligenza periodica” richiesta implicitamente dal legislatore.
Dal punto di vista sanzionatorio, oltre al potere del Registro delle Imprese di sospendere o rifiutare l’iscrizione, la norma richiama l’articolo 16, comma 6-bis, del Decreto-Legge n. 185 del 2008, prevedendo sanzioni amministrative pecuniarie per l’inadempimento. L’apparato sanzionatorio conferma la volontà del legislatore di assicurare una compliance diffusa, ma accentua la percezione di un obbligo burocratico piuttosto che sostanzialmente funzionale alla trasparenza societaria.
L’obbligo di PEC personale per gli amministratori segna un’evoluzione nella concezione del domicilio digitale, da strumento societario a presidio individuale di responsabilità. Tuttavia, la mancata armonizzazione con la disciplina generale del diritto societario e con le regole europee sul domicilio elettronico certificato limita l’efficacia complessiva dell’intervento. Appare auspicabile un coordinamento normativo che ricondurrà la materia nell’ambito più ampio della corporate digital identity, evitando duplicazioni e incoerenze applicative. Nel frattempo, l’approccio prudente per le imprese e i consulenti è quello di adottare un’interpretazione estensiva dell’obbligo, garantendo la piena tracciabilità digitale degli amministratori e prevenendo contestazioni future in sede di controllo o di notifica.
Tale adempimento, dunque, pur generando complessità operative e interpretative, può essere letto come un tassello del più ampio processo di individualizzazione della responsabilità amministrativa nel contesto della digitalizzazione d’impresa. La sua efficacia dipenderà dalla capacità del sistema di bilanciare la certezza giuridica con la proporzionalità degli oneri imposti, nella prospettiva di una governance digitale coerente, funzionale e sostenibile.
7 novembre 2025
L’argomento viene trattato anche su taxlegaljob.net
