Trasferimenti fittizi della sede sociale all’estero e responsabilità degli amministratori uti dominus

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino

La disciplina relativa agli effetti del trasferimento all’estero della sede sociale e alla correlata responsabilità degli amministratori costituisce un tema di rinnovato rilievo sistematico, soprattutto alla luce dei più recenti interventi giurisprudenziali. L’ordinanza n. 29575 della Corte di cassazione del 2025 offre un contributo particolarmente significativo, chiarendo la distinzione concettuale e normativa tra il trasferimento transfrontaliero dell’ente e la sua estinzione, nonché le ricadute sul regime di responsabilità patrimoniale e sanzionatoria dei soggetti che hanno effettivamente gestito l’impresa. Le indicazioni ricavabili dal provvedimento consentono, inoltre, di precisare il ruolo delle figure di amministratore di fatto e gestore uti dominus, la cui operatività può incidere sulla imputazione diretta dell’obbligazione tributaria in presenza di strutture societarie meramente apparenti. Il contesto più ampio delineato dai materiali di supporto evidenzia la crescente attenzione dell’ordinamento verso i fenomeni di dislocazione artificiosa della sede all’estero, frequentemente utilizzati come schermo per sottrarsi agli obblighi impositivi, e la conseguente necessità di rafforzare gli strumenti di contrasto posti a tutela dell’interesse fiscale.

L’ordinanza chiarisce preliminarmente che il trasferimento all’estero della sede non può essere considerato equivalente alla liquidazione della società ai sensi dell’articolo 2495 del codice civile. Tale principio si fonda sulla considerazione che lo spostamento della sede legale determina, in via ordinaria, la continuità del soggetto giuridico, il quale prosegue l’attività economica in un diverso ordinamento, senza che ciò comporti automaticamente la cessazione dell’impresa o la sua estinzione. Ne discende l’inapplicabilità dell’articolo 36 del Dpr 602/1973, norma che disciplina la responsabilità sussidiaria di amministratori, liquidatori e soci in caso di estinzione dell’ente e che opera solo nella presenza di un effettivo procedimento liquidatorio concluso. La Cassazione ribadisce che la cancellazione dal registro delle imprese per effetto del trasferimento all’estero non comporta, di per sé, l’estinzione della società né la perdita della sua capacità contributiva. Risulta, pertanto, centrale distinguere la fisiologica migrazione dell’ente da quelle ipotesi in cui il trasferimento sia meramente fittizio e si risolva, nella sostanza, nella creazione di un involucro societario privo di vitalità, allo scopo di occultare l’effettivo luogo di gestione e la reale sede dell’attività economica.

È proprio nella presenza di un trasferimento solo apparente che il giudice di legittimità individua la chiave interpretativa per valutare la correttezza della decisione impugnata. La Corte rileva che, qualora l’ente non prosegua realmente l’attività all’estero e permanga in Italia il centro di direzione, di amministrazione e di produzione del reddito, occorre accertare se il soggetto che gestisce la società si comporti uti dominus, esercitando un potere effettivo e sostanziale di direzione indipendentemente dall’assetto formale degli organi societari. In tali circostanze, l’interposizione della persona giuridica si configura come mero schermo e risulta legittima la traslazione dell’imponibile direttamente sul gestore, considerato effettivo titolare del reddito d’impresa. Ciò prescinde dalla qualificazione del soggetto come amministratore di diritto o di fatto, essendo rilevante l’effettività della gestione. Tale lettura è coerente con l’evoluzione giurisprudenziale che, negli ultimi anni, ha progressivamente valorizzato i criteri sostanziali di imputazione e ha superato approcci eccessivamente formalistici, soprattutto nei casi di interposizione reale o fittizia.

Particolare attenzione è dedicata alla responsabilità per le sanzioni amministrative tributarie, tema che ha creato significative oscillazioni interpretative. L’articolo 7 del Dl 269/2003, che stabilisce il carattere personale delle sanzioni pecuniarie e la loro riferibilità diretta alla società dotata di personalità giuridica, non trova applicazione nei casi in cui l’ente sia privo di effettiva vitalità e risulti utilizzato quale mero strumento per commettere illeciti a beneficio esclusivo del gestore. In tali evenienze, viene meno la ratio della disposizione, che presuppone un ente effettivamente operante e dotato di autonomia organizzativa. La Cassazione conferma che, qualora emerga la gestione uti dominus, le sanzioni devono essere imputate direttamente alla persona fisica che ha posto in essere le condotte, trattandosi dell’effettivo autore dell’illecito e beneficiario degli effetti economici dell’evasione. Tale principio, già emerso in precedenti arresti, trova così ulteriore consolidamento e contribuisce a rafforzare la coerenza sistematica del quadro sanzionatorio.

La ricostruzione fornita dall’ordinanza offre spunti rilevanti anche sul piano prospettico. L’indagine sull’effettività del trasferimento della sede e sulla vitalità dell’ente diventa il fulcro dell’accertamento, imponendo al giudice di merito un’analisi completa degli elementi probatori e delle modalità con cui l’attività è concretamente svolta. L’approccio sostanzialistico valorizza la capacità dell’amministrazione finanziaria e dell’autorità giudiziaria di individuare le strutture societarie meramente strumentali e di disarticolare operazioni apparentemente lecite ma prive di sostanza economica. Tale orientamento appare destinato ad assumere un ruolo sempre più rilevante in un contesto caratterizzato da crescente mobilità delle imprese e da fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva basati sul ricorso a giurisdizioni estere prive di un reale insediamento produttivo o gestionale.

L’ordinanza n. 29575 rappresenta un significativo avanzamento nell’elaborazione dei criteri di imputazione del reddito e delle sanzioni in presenza di trasferimenti fittizi della sede sociale. L’affermazione del principio secondo cui il trasferimento all’estero non equivale alla liquidazione salvo che risulti meramente apparente, unitamente alla valorizzazione della figura del gestore uti dominus, contribuisce a rafforzare la tutela dell’interesse erariale e a garantire un’applicazione coerente dei principi di effettività, sostanza economica e capacità contributiva.

13 novembre 2025

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