Revoca giudiziale degli amministratori di s.r.l. e autonomia dell’azione cautelare – Cass. 30533/2025

A cura dell’Avv. Francesco Cervellino

La disciplina dei rimedi esperibili nei confronti degli amministratori di società a responsabilità limitata continua a rappresentare un terreno di vivace elaborazione giurisprudenziale e dottrinale, specialmente per quanto concerne l’interazione tra l’azione sociale di responsabilità e la misura, tipicamente cautelare, della revoca giudiziale per gravi irregolarità. La recente pronuncia della Corte di Cassazione n. 30533/2025 costituisce un punto di svolta rilevante, poiché affronta direttamente la vexata quaestio della natura e dell’autonomia dell’azione di revoca rispetto alla domanda risarcitoria, chiarendo se essa possa essere proposta come azione di merito indipendente oppure se debba necessariamente rientrare nell’alveo dell’azione di responsabilità prevista dall’art. 2476, comma 3, del codice civile.

Il caso trae origine da un articolato contenzioso societario nel quale, accanto alla domanda di risarcimento per mala gestio, erano state dedotte condotte degli amministratori ritenute idonee a integrare gravi irregolarità gestionali. La questione che ha stimolato l’intervento della Corte non concerne, quindi, soltanto la ricostruzione fattuale della mala gestio, bensì la possibilità di esercitare la domanda di revoca dell’organo amministrativo anche in sede di giudizio ordinario di merito, non limitandone l’esperibilità alla sola dimensione cautelare.

Il primo terreno di indagine riguarda la collocazione sistematica della revoca nella disciplina dell’art. 2476 c.c. Nella formulazione legislativa, l’avverbio altresì è posto in chiusura del terzo comma e si riferisce alla facoltà attribuita al socio di chiedere provvedimenti cautelari di revoca degli amministratori, in presenza di gravi irregolarità nella gestione societaria. Tale formulazione ha alimentato interpretazioni contrapposte: un primo orientamento riteneva che la revoca avesse natura strettamente cautelare e fosse quindi ammissibile soltanto come misura strumentale rispetto alla successiva azione di responsabilità; un diverso orientamento, invece, propendeva per una lettura più ampia, legittimando la proposizione di una domanda di merito autonoma finalizzata alla rimozione definitiva dell’organo gestorio.

La sentenza in commento riconosce espressamente questa pluralità di ricostruzioni, rilevando come i tribunali abbiano oscillato tra una concezione rigidamente tassativa delle azioni costitutive e una più elastica valorizzazione del dato teleologico della norma. In particolare, viene richiamato il rischio che un’interpretazione eccessivamente restrittiva possa circoscrivere la portata dell’intervento giudiziale, rendendo di fatto inefficace il controllo del socio su condotte gestorie capaci di arrecare pregiudizio grave e immediato alla società.

La Corte ritiene di aderire alla soluzione più ampia, fondata sulla qualificazione dell’azione di revoca come rimedio dotato di autonomia funzionale e non necessariamente subordinato all’esperimento dell’azione risarcitoria. In questa prospettiva, la collocazione topografica della previsione all’interno dell’art. 2476 c.c. non vincola la natura dell’azione; essa, infatti, risponde a una finalità propria: l’eliminazione dell’organo amministrativo in presenza di condotte che rendono pregiudizievole o comunque non affidabile la prosecuzione del suo incarico.

La Corte valorizza, in primo luogo, la ratio dell’istituto, che è quella di porre un rimedio immediato e definitivo a situazioni di grave irregolarità, evitando che l’interesse sociale resti esposto a un pregiudizio difficilmente reversibile. Ne consegue che la revoca giudiziale si configura come un rimedio non già ancillare rispetto all’azione di responsabilità, ma autonomo e diretto alla tutela dell’interesse della società alla corretta amministrazione dell’impresa.

La pronuncia affronta poi l’obiezione fondata sul principio di tassatività delle azioni costitutive, evidenziando come nel caso di specie non venga in rilievo l’introduzione di una nuova figura di sentenza costitutiva, bensì la ricostruzione sistematica del contenuto dell’art. 2476 c.c., la cui formulazione consente di leggere la previsione sulla revoca in chiave non meramente cautelare. Tale interpretazione risulta coerente anche con la disciplina delle società di persone, in cui la revoca per giusta causa può essere chiesta da ciascun socio indipendentemente dall’azione risarcitoria: sarebbe contrario alla logica sistematica ammettere un simile rimedio nelle società di persone e negarlo nelle società di capitali, nonostante la maggiore rilevanza pubblicistica del ruolo gestorio in queste ultime.

L’argomentazione della Corte si fonda, inoltre, su una lettura congiunta del dato letterale e della funzione di garanzia attribuita al socio, che non può essere compressa in nome di un formalismo non richiesto dal legislatore. La revoca, anche se esercitabile in via cautelare, costituisce dunque espressione di un potere sostanziale del socio, il quale, denunciando gravi irregolarità, mira non soltanto a prevenire danni futuri, ma soprattutto a ripristinare la regolare gestione sociale.

Le implicazioni della pronuncia sono rilevanti: si afferma la piena autonomia dell’azione di revoca, aprendo la strada alla possibilità di richiederla come domanda principale nel giudizio di merito, senza necessità di correlazione con una parallela domanda di responsabilità. Tale conclusione contribuisce a definire un assetto più coerente dei rimedi societari, rafforzando la tutela dell’interesse sociale e riducendo le incertezze applicative sinora registrate nella giurisprudenza di merito.

La decisione emerge dunque come un momento di chiarificazione sistematica, idoneo a incidere sulle strategie processuali dei soci e a orientare il giudizio dei tribunali verso un’applicazione più lineare e coerente della disciplina. Resta fermo che l’accoglimento della domanda di revoca richiede sempre un accertamento rigoroso delle gravi irregolarità gestionali, la cui valutazione spetta al giudice di merito secondo criteri di proporzionalità e adeguatezza rispetto all’interesse sociale.

21 novembre 2025

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