
A cura dell’Avv. Francesca Coppola
La pronuncia del Tribunale di Siena del 17 novembre 2025 costituisce un significativo contributo interpretativo nell’ambito della disciplina del divorzio congiunto, inserita nel rinnovato impianto processuale delineato dal rito unico in materia di persone, minorenni e famiglie. L’assetto procedimentale, ridefinito dal legislatore al fine di realizzare una più elevata efficienza processuale e una maggior tutela dei diritti delle parti, trova in questa decisione un esempio paradigmatico di applicazione coerente e sistematicamente consapevole delle norme introdotte dagli artt. 473-bis e seguenti del codice di procedura civile.
Il procedimento si presenta sin dall’origine caratterizzato da una prospettiva collaborativa, in quanto i coniugi, già separati in sede giudiziale da diversi anni, hanno manifestato congiuntamente e senza ambiguità la volontà di porre termine agli effetti civili del matrimonio. Tale dichiarazione appare conforme ai presupposti di cui all’art. 3, comma 2, lettera b), della legge n. 898 del 1970, che attribuisce rilievo alla duratura crisi coniugale già emersa e consolidata, consentendo di procedere alla cessazione del vincolo con modalità semplificate rispetto a quelle tipiche del contenzioso.
L’analisi del provvedimento rivela come il Tribunale abbia esercitato un controllo puntuale sull’accordo raggiunto dalle parti, verificandone la compatibilità con l’interesse superiore della prole e con i principi cardine dell’ordinamento. Il giudice, conformemente alla funzione di garanzia che gli è propria nei procedimenti consensuali, ha valutato la rispondenza delle condizioni concordate alle esigenze materiali e relazionali della figlia minore, la cui posizione rappresenta il centro gravitazionale dell’intero sistema normativo in tema di responsabilità genitoriale.
Particolarmente significativo risulta il modo in cui viene declinato il modello dell’affidamento condiviso, nella versione consolidata dalla giurisprudenza successiva alla riforma del 2006 e sempre più orientata verso un effettivo equilibrio tra le figure genitoriali. La collocazione prevalente della minore presso la madre non è interpretata come deroga al principio di bigenitorialità, poiché l’impianto complessivo dell’accordo denota una volontà di cooperazione sostanziale, orientata a garantire la continuità affettiva e la piena partecipazione di entrambi i genitori alle decisioni determinanti riguardanti educazione, istruzione e cura.
Il Tribunale sottolinea implicitamente come la previsione di un ampio regime di frequentazione, adattato al calendario scolastico e alle esigenze evolutive della minore, costituisca indice di una significativa maturità relazionale dei genitori. Tale cooperazione, che si manifesta in un assetto comunicativo fluido e non conflittuale, integra quella diligenza professionale qualificata che l’ordinamento richiede nella gestione della responsabilità genitoriale e che si concreta nella capacità di assumere decisioni condivise, di gestire gli imprevisti e di armonizzare i rispettivi impegni con le esigenze della figlia.
La sentenza affronta anche il tema del contributo economico al mantenimento, declinando i principi di proporzionalità e adeguatezza che caratterizzano gli obblighi genitoriali. La determinazione dell’importo mensile è effettuata tenendo conto della situazione reddituale e patrimoniale delle parti, entrambe economicamente autonome, e dell’esigenza di garantire un livello di vita coerente con quello goduto in precedenza dalla minore. Le spese straordinarie vengono disciplinate secondo un modello di cooperazione concordata, che evita il rischio di asimmetrie informative e potenziali conflitti; si tratta di una disposizione di particolare rilievo, poiché la giurisprudenza ha frequentemente individuato proprio nella mancata regolamentazione di tali spese un terreno fertile per il contenzioso post-divorzile.
Di interesse sistematico appare la trattazione della questione relativa al rilascio dei passaporti. Il Tribunale, richiamando la normativa sopravvenuta, osserva che, a seguito dell’art. 20 del decreto-legge n. 69 del 2023, il consenso dell’altro genitore non costituisce più condizione per il rilascio del documento, neppure in presenza di figli minori. Tale modifica, che incide significativamente sull’assetto dei rapporti familiari, riduce gli ambiti di possibile conflitto e testimonia una tendenza del legislatore a valorizzare l’autonomia individuale e la semplificazione amministrativa, in condizioni che non risultano idonee a pregiudicare l’interesse del minore.
L’omissione dell’ascolto della minore, ritenuto “manifestamente superfluo”, deve essere letta alla luce dei criteri elaborati a livello nazionale e sovranazionale, secondo i quali l’audizione può essere evitata qualora il giudice ravvisi una totale convergenza tra le condizioni concordate e le esigenze del minore, nonché una totale assenza di conflittualità tra i genitori. Tale scelta interpretativa appare coerente con il principio di non instrumentalization del minore, che impone di evitare audizioni non necessarie quando esse non apportino alcun beneficio effettivo alla ricostruzione del quadro istruttorio.
La parte finale del provvedimento è dedicata alle formalità dello stato civile, in cui si osserva l’applicazione rigorosa delle disposizioni del d.P.R. n. 396 del 2000, volte a garantire la certezza pubblica delle situazioni giuridiche familiari. La compensazione integrale delle spese appare, infine, perfettamente in linea con la natura consensuale del procedimento, nel quale non si ravvisa alcuna soccombenza.
Nel complesso, la sentenza rappresenta un esempio equilibrato di applicazione del diritto di famiglia contemporaneo, in cui l’autonomia privata, pur ampiamente riconosciuta e valorizzata, resta circondata da un presidio giudiziale orientato alla tutela dell’interesse del minore e alla salvaguardia dell’ordine pubblico familiare. Ciò che emerge con particolare evidenza è il ruolo del giudice quale garante non già della volontà delle parti in sé considerata, ma della sua piena compatibilità con i valori fondamentali dell’ordinamento, in un contesto normativo che tende sempre più a ridurre gli spazi di contenzioso e a promuovere soluzioni responsabili e cooperative.
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