
A cura dell’Avv. Francesco Cervellino
Nel contesto del lavoro subordinato contemporaneo, la crescente integrazione degli strumenti informatici nei processi produttivi ha progressivamente ampliato il perimetro delle possibili interferenze tra poteri datoriali, tutela della riservatezza e responsabilità disciplinare del lavoratore. L’evoluzione tecnologica impone una rilettura sistematica dei principi tradizionali in materia di controlli a distanza, alla luce delle nuove modalità di utilizzo degli asset digitali aziendali e della circolazione dei dati. In tale prospettiva, la recente giurisprudenza di legittimità ha offerto un contributo significativo nel delineare i confini entro cui l’esercizio del potere di controllo può ritenersi legittimo e idoneo a fondare un recesso per giusta causa, quando emergano condotte connotate da abuso sistematico degli accessi informatici e da indebita diffusione di informazioni riservate .
La disciplina positiva di riferimento si articola intorno al principio di cui all’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, come riformulato in funzione dell’evoluzione tecnologica, e alle disposizioni in materia di protezione dei dati personali. Ne deriva un assetto normativo che non preclude in assoluto i controlli sugli strumenti di lavoro, ma ne condiziona l’ammissibilità al rispetto di requisiti di trasparenza, proporzionalità e finalizzazione alla tutela del patrimonio organizzativo e informativo dell’impresa. In tale cornice, assume rilievo centrale l’informativa preventiva al lavoratore circa le modalità di utilizzo delle dotazioni informatiche e la possibilità di verifiche in presenza di anomalie, informativa che costituisce il presupposto di liceità del successivo trattamento dei dati raccolti.
La decisione assunta in sede di legittimità affronta in modo organico il tema dell’abuso degli accessi ai sistemi informatici aziendali, valorizzando la distinzione tra uso consentito degli strumenti di lavoro e utilizzo distorto, eccedente rispetto alle mansioni assegnate. È stato ritenuto dirimente l’accertamento di una condotta reiterata e prolungata nel tempo, caratterizzata da un numero particolarmente elevato di interrogazioni dei sistemi e dalla trasmissione all’esterno di dati sensibili, idonea a esporre il datore di lavoro non solo a potenziali pregiudizi patrimoniali, ma anche a rilevanti danni reputazionali. In tale prospettiva, l’illecito disciplinare non si esaurisce nella violazione formale delle policy aziendali, ma si sostanzia in una compromissione sostanziale degli obblighi di diligenza e fedeltà che connotano il rapporto fiduciario.
Particolarmente significativa appare la ricostruzione del rapporto tra controlli difensivi e tutela della privacy. La legittimità dell’acquisizione degli elementi probatori è stata ancorata alla circostanza che gli strumenti informatici oggetto di verifica fossero messi a disposizione per l’esecuzione della prestazione lavorativa e che il lavoratore fosse stato previamente informato, in modo chiaro e accessibile, della possibilità di controlli in caso di utilizzi anomali. In tale ottica, l’anticipazione temporale di alcune verifiche rispetto all’emersione dell’alert informatico non è stata ritenuta di per sé sufficiente a inficiare la validità del controllo, purché questo si inserisse in un sistema di prevenzione e tutela coerente con le finalità organizzative e con i limiti normativi .
Sul piano della valutazione disciplinare, la pronuncia ribadisce che la giusta causa di licenziamento deve essere apprezzata alla luce della gravità complessiva della condotta e della sua incidenza sull’affidamento datoriale. L’abuso massivo degli accessi, la protrazione nel tempo delle violazioni e la consapevole diffusione di informazioni riservate sono stati qualificati come elementi idonei a determinare una lesione irreversibile del vincolo fiduciario, rendendo irragionevole la prosecuzione anche provvisoria del rapporto. In tale contesto, il richiamo al principio di proporzionalità non si traduce in una comparazione atomistica dei singoli addebiti, ma in una valutazione unitaria dell’idoneità della condotta a compromettere le aspettative di corretto adempimento futuro.
La decisione offre, inoltre, spunti rilevanti in ordine al rapporto tra disciplina legale e contrattazione collettiva. È stato chiarito che l’eventuale previsione di sanzioni conservative per talune ipotesi di uso improprio degli strumenti aziendali non può trovare applicazione quando la condotta accertata presenti un grado di offensività superiore, tale da determinare un grave nocumento anche sotto il profilo reputazionale. Ne consegue che la tipizzazione collettiva delle infrazioni non vincola il giudice laddove emerga una deviazione qualitativa e quantitativa rispetto alle fattispecie contemplate.
In chiave sistematica, la pronuncia si inserisce in un orientamento volto a rafforzare l’equilibrio tra esigenze di controllo e diritti fondamentali del lavoratore, riaffermando che la trasparenza informativa costituisce la soglia minima di legittimazione del potere datoriale. Al tempo stesso, viene riaffermata la centralità del vincolo fiduciario quale criterio ordinatore della disciplina del licenziamento disciplinare, soprattutto nei contesti ad alta intensità informativa. L’uso distorto degli strumenti digitali, quando si traduca in un rischio concreto per l’integrità del patrimonio informativo e per la conformità dell’impresa agli obblighi di legge, assume una valenza che travalica la mera inosservanza procedurale, configurandosi come indice sintomatico di inaffidabilità professionale .
La giurisprudenza in esame contribuisce a delineare un modello di responsabilità disciplinare coerente con le trasformazioni digitali del lavoro subordinato. Essa chiarisce che la legittimità dei controlli informatici e la severità della sanzione espulsiva trovano fondamento non in un’estensione indiscriminata del potere datoriale, bensì nella combinazione di informativa preventiva, proporzionalità dell’intervento e gravità oggettiva e soggettiva delle condotte accertate. Ne deriva un quadro interpretativo che, pur salvaguardando la riservatezza del lavoratore, riconosce all’impresa strumenti efficaci di tutela del proprio patrimonio informativo e della fiducia organizzativa, elementi imprescindibili nel mercato digitale contemporaneo.
22 dicembre 2025
L’argomento viene trattato anche su taxlegaljob.net
