
A cura dell’Avv. Francesco Cervellino
La decisione in esame si colloca in un segmento ormai maturo della riflessione giurisprudenziale sull’azione revocatoria ordinaria, ma ne accentua taluni profili sistemici che meritano di essere isolati e discussi oltre la dimensione casistica. Il nucleo problematico non riguarda tanto la configurabilità astratta dell’azione, quanto la ricostruzione del rapporto temporale e concettuale tra atto di disposizione a titolo gratuito, insorgenza del credito e requisito soggettivo richiesto dall’articolo 2901 del codice civile. In particolare, la pronuncia consente di interrogarsi sulla portata effettiva della nozione di credito rilevante ai fini della conservazione della garanzia patrimoniale e sul contenuto minimo della consapevolezza del debitore quando l’atto dispositivo preceda l’accertamento formale del credito, ma non la sua genesi sostanziale.
L’azione revocatoria ordinaria, nella sua funzione tipica, si colloca come strumento di riequilibrio tra autonomia dispositiva del debitore e tutela dell’affidamento del creditore sulla integrità del patrimonio generico. La tensione tra questi poli si manifesta con particolare evidenza quando l’atto impugnato sia gratuito e venga posto in essere in una fase in cui il rapporto obbligatorio non ha ancora assunto i contorni della certezza giuridica. In tali ipotesi, il rischio di una lettura eccessivamente formalistica del requisito del credito è quello di svuotare la funzione preventiva dell’azione, relegandola a rimedio meramente reattivo, attivabile solo a fronte di una lesione ormai consolidata.
La Corte di cassazione, con l’ordinanza 4 dicembre 2025, n. 31764, prende posizione in modo netto su questo punto, riaffermando un’impostazione che privilegia la dimensione sostanziale del credito rispetto alla sua formale accertabilità. Il credito, ai fini dell’articolo 2901 del codice civile, non coincide con una pretesa già liquida ed esigibile, né richiede un titolo giudiziale o arbitrale che ne certifichi l’esistenza. È sufficiente che sussista una situazione giuridica soggettiva che, secondo una valutazione ex ante, renda ragionevolmente prevedibile l’insorgenza di una pretesa creditoriale, anche se ancora oggetto di contestazione o di accertamento futuro.
Questa nozione lata di credito, che ricomprende anche la mera aspettativa, non costituisce una forzatura interpretativa, ma risponde a una logica funzionale coerente con la ratio dell’azione revocatoria. Se la garanzia patrimoniale è intesa come presidio anticipato delle ragioni creditorie, non può essere circoscritta ai soli crediti già cristallizzati. Diversamente, il debitore potrebbe agevolmente sottrarsi alla responsabilità patrimoniale anticipando gli atti di spoliazione a un momento in cui il credito non è ancora formalmente sorto, ma è già sostanzialmente prevedibile.
In questa prospettiva, la Corte valorizza la distinzione tra momento genetico del credito e momento del suo accertamento. Il fatto che il credito venga riconosciuto in via formale solo in un momento successivo all’atto dispositivo non esclude che esso sia sorto, nella sua dimensione causale, anteriormente. Ciò che rileva non è la data del titolo che lo accerta, bensì il periodo in cui si è realizzata la condotta o il rapporto da cui il credito trae origine. Tale impostazione consente di evitare che l’azione revocatoria venga neutralizzata da una lettura meramente cronologica e consente di recuperare una visione unitaria del fenomeno obbligatorio.
Il passaggio più significativo della decisione riguarda, tuttavia, il requisito soggettivo richiesto per gli atti a titolo gratuito. La Corte ribadisce che, in tali ipotesi, non è richiesta una volontà fraudolenta in senso tecnico, né una dolosa preordinazione diretta a ledere il creditore. La scientia damni si atteggia come semplice conoscenza del pregiudizio che l’atto è idoneo a arrecare alle ragioni creditorie. Non si tratta, dunque, di accertare un’intenzione di nuocere, ma di verificare se il debitore fosse consapevole, al momento dell’atto, della diminuzione della garanzia patrimoniale e delle sue potenziali conseguenze.
Questa ricostruzione attenua in modo significativo il carico probatorio gravante sul creditore e rafforza la funzione conservativa dell’azione revocatoria. La consapevolezza del danno non coincide con la percezione dell’insolvenza, né richiede la rappresentazione di un futuro inadempimento, ma si esaurisce nella conoscenza del fatto che l’atto riduce o compromette la possibilità di soddisfacimento del credito. In tal senso, la Corte si colloca nel solco di un orientamento consolidato, ma ne offre una declinazione particolarmente rigorosa sul piano applicativo.
È rilevante osservare come la decisione affronti implicitamente il problema della prova di tale consapevolezza. La Corte ammette che essa possa essere desunta da elementi indiziari, valorizzando il contesto complessivo in cui l’atto è stato compiuto. La gratuità dell’atto, il rapporto di prossimità tra disponente e beneficiario, il momento in cui interviene la disposizione rispetto alle vicende che hanno dato origine al credito costituiscono indici sintomatici idonei a fondare una presunzione di scientia damni. Ne emerge una concezione elastica della prova, coerente con la natura stessa dell’elemento soggettivo richiesto.
Sotto il profilo sistemico, la pronuncia contribuisce a chiarire il rapporto tra azione revocatoria e certezza dei traffici giuridici. L’estensione della tutela del creditore a crediti eventuali o litigiosi potrebbe, a prima vista, apparire come un fattore di instabilità. Tuttavia, la Corte bilancia questo rischio limitando l’operatività dell’azione ai soli casi in cui l’atto sia idoneo a produrre un concreto pregiudizio e in cui il debitore sia consapevole di tale effetto. La revocatoria non diviene, così, uno strumento di sindacato generalizzato sull’autonomia privata, ma resta confinata alla funzione di riequilibrio della garanzia patrimoniale.
Un ulteriore profilo di interesse riguarda la qualificazione temporale dell’atto dispositivo. La Corte esclude che la semplice anteriorità dell’atto rispetto all’accertamento del credito possa, di per sé, escludere la revocabilità. Ciò comporta un superamento definitivo di letture che, facendo leva sulla sequenza cronologica, tendevano a restringere l’ambito applicativo dell’articolo 2901 del codice civile. L’attenzione si sposta dal dato formale a quello sostanziale, imponendo al giudice di merito una valutazione complessiva delle circostanze del caso concreto.
In questa chiave, la decisione rafforza l’idea di una responsabilità patrimoniale concepita come dovere dinamico di conservazione della garanzia, che si attiva già nella fase in cui il debitore è consapevole dell’esistenza di un rischio di esposizione. Il patrimonio non è più visto come una massa statica liberamente disponibile fino al momento dell’inadempimento, ma come uno strumento funzionalizzato alla tutela dei creditori potenziali. Tale impostazione si inserisce in una più ampia evoluzione del diritto patrimoniale, orientata a valorizzare la correttezza e la lealtà nei rapporti obbligatori.
Le ricadute pratiche della pronuncia sono rilevanti. Essa amplia l’area di rischio per il debitore che compie atti gratuiti in una fase di incertezza, imponendo una maggiore attenzione alla prevedibilità delle conseguenze patrimoniali delle proprie scelte. Al tempo stesso, rafforza la posizione del creditore, che può agire in revocatoria anche in presenza di un credito non ancora accertato, purché ne dimostri l’origine sostanziale e il pregiudizio arrecato. Ne deriva un riequilibrio del rapporto tra autonomia e responsabilità, coerente con la funzione sociale della responsabilità patrimoniale.
L’ordinanza n. 31764 del 2025 conferma e al contempo precisa un orientamento che concepisce l’azione revocatoria come strumento di tutela anticipata delle ragioni creditorie. La nozione lata di credito e la riduzione del requisito soggettivo alla semplice consapevolezza del pregiudizio rappresentano due pilastri di questa ricostruzione, che privilegia la sostanza sulla forma e rafforza la funzione preventiva dell’istituto. La decisione si segnala, così, non solo per la soluzione del caso concreto, ma per la sua capacità di offrire una lettura sistemica dell’articolo 2901 del codice civile, coerente con le esigenze di effettività della tutela patrimoniale.
23 dicembre 2025
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