A cura dell’Avv. Francesco Cervellino
§ 1. Inquadramento dogmatico del fenomeno estintivo
Si osserva che la cancellazione volontaria di una società dal registro delle imprese integra un evento idoneo a determinare l’estinzione del soggetto collettivo, con conseguente successione dei soci nei rapporti obbligatori facenti capo alla compagine estinta; tale successione, qualificabile come successio in universum ius meramente processuale, trova fondamento nell’art. 110 del codice di procedura civile (c.p.c.) in combinato disposto con l’art. 2495, comma 2, del codice civile (c.c.). Sul piano sostanziale, la responsabilità dei soci è circoscritta «entro i limiti di quanto riscosso a seguito del bilancio finale di liquidazione», formula che – secondo l’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite nel 2013 – si traduce in un meccanismo di responsabilità pro rata assimilabile a quella dell’erede beneficiato, in cui l’oggetto dell’aggressione patrimoniale del creditore è confinato all’attivo effettivamente distribuito o potenzialmente percepibile.
§ 2. Dinamica dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.
Appare evidente che la nozione di interesse ad agire, lungi dall’esaurirsi in una mera verifica ex ante di utilità concreta ed attuale, presenta una dimensione evolutiva, la quale consente alla parte attrice di coltivare un’azione giudiziaria anche in assenza di un’immediata prospettiva di soddisfazione patrimoniale, purché sussista un’esigenza qualificata di tutela del diritto in vista di eventuali sopravvenienze attive o al fine di munirsi di un titolo esecutivo idoneo a essere azionato ex post. Tale impostazione, ormai pacifica nella giurisprudenza di legittimità, è stata ribadita, inter alia, dalle pronunce n. 9672/2018, n. 31933/2019, n. 619/2021, n. 26758/2022 e n. 8633/2024, fino alla recentissima ordinanza del 1° luglio 2025, che valorizza ulteriormente la funzione «conservativa» del titolo giudiziale.
§ 3. Legittimazione passiva degli ex soci e distinta matrice della responsabilità patrimoniale
Risulta anzitutto necessario distinguere la legittimazione passiva processuale, che trova la propria ratio nel subentro universale stabilito dall’art. 110 c.p.c., dalla responsabilità patrimoniale personale che deriva dall’art. 2495, comma 2, c.c. La prima opera «ipso iure» al momento della cancellazione, con l’effetto che il giudizio prosegue, senza soluzione di continuità, nei confronti degli ex soci; la seconda, invece, postula la prova, anche in via presuntiva, della percezione o percepibilità di somme, costituendo un profilo ulteriore e distinto che può essere fatto valere mediante autonoma domanda di condanna.
§ 4. Il ruolo della pendenza di giudizi paralleli e l’azione revocatoria ordinaria
La giurisprudenza più accorta ha riconosciuto che la pendenza di un’azione revocatoria avente ad oggetto atti dispositivi compiuti dalla società prima della cancellazione integra una circostanza idonea a fondare l’interesse ad agire del creditore nei confronti dei soci. Invero, qualora l’azione revocatoria dovesse concludersi con l’accoglimento della domanda, l’attivo recuperato verrebbe attratto nel patrimonio distribuito ai soci, riattivando la funzione satisfattiva del titolo di condanna precedentemente ottenuto. Ne discende che l’assenza, in statum prosecutionis, di somme già ripartite non esclude la sussistenza di un interesse qualificato, giacché l’utilità dell’azione si proietta in una dimensione ex ante potenziale ma giuridicamente rilevante.
§ 5. Concorso di rimedi: azione di accertamento, condanna e esecuzione forzata
Si evidenzia che il creditore può strutturare la propria domanda secondo un modello che cumula petitum di mero accertamento, destinato a cristallizzare l’esistenza del credito, con il petitum di condanna condizionato al reperimento di attivo. In tale prospettiva, il giudice potrà adottare una pronuncia di condanna «in forma generica», subordinando la fase esecutiva alla prova, eventualmente fornita in sede monitoria o nell’esecuzione, dell’effettiva percezione di somme da parte dei soci, in ossequio al principio di economia processuale.
§ 6. Rapporti con l’efficacia estintiva del bilancio finale di liquidazione
Dal punto di vista sistematico, l’approvazione del bilancio finale di liquidazione e la conseguente cancellazione della società costituiscono eventi che, pur determinando la cessazione della soggettività giuridica dell’ente, non estinguono il rapporto obbligatorio ma ne determinano la “trasmigrazione” in capo ai soci. Tale fenomeno si coordina con l’art. 1236 c.c. in materia di remissione del debito, in quanto la rinuncia tacita del creditore, deducibile dall’inattività protratta, non può ritenersi integrata dalla sola estinzione dell’ente, residuando la facoltà di agire nei confronti dei soci successori.
§ 7. Profili comparatistici e implicazioni europee
La disciplina nazionale trova corrispondenze nelle direttive europee in materia societaria, in particolare nella rifusa Direttiva (UE) 2017/1132, che, seppur non disciplinando espressamente l’estinzione della società, lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri nel regolare la sorte dei debiti insoddisfatti; l’orientamento interno, che limita la responsabilità alle somme ripartite, appare dunque coerente con il principio di proporzionalità richiesto dal diritto dell’Unione.
§ 8. Conclusioni
In definitiva, il quadro normativo e giurisprudenziale consente di affermare che il creditore conserva un interesse ad agire nei confronti dei soci di una società cancellata indipendentemente dalla prova attuale dell’attivo distribuito, essendo sufficiente dimostrare l’esistenza di una prospettiva concreta, ancorché potenziale, di recupero. L’art. 100 c.p.c. deve pertanto essere inteso come clausola elastica, capace di adattarsi alle mutevoli esigenze di tutela, mentre l’art. 2495, comma 2, c.c. funge da argine alla responsabilità patrimoniale, garantendo un equo bilanciamento tra esigenze creditizie e legittima aspettativa dei soci alla definitività della devoluzione del patrimonio sociale. L’ordinanza della Corte di Cassazione del 1° luglio 2025, nel cassare la decisione d’appello che aveva negato l’interesse ad agire in assenza di attivo, si inserisce nel solco di tale consolidato indirizzo, riaffermando la centralità della funzione di prevenzione e di garanzia che l’azione giudiziaria può svolgere negli assetti post‑estintivi dell’impresa.
3 luglio 2025