A cura dell’Avv. Francesco Cervellino e Avv. Francesca Coppola
Nel panorama giurisprudenziale in materia di contrattualistica d’impresa, il confine tra appalto genuino e somministrazione illecita di manodopera continua a costituire una delle principali aree di frizione interpretativa, in particolare con riguardo alle conseguenze fiscali e previdenziali che ne derivano. La sentenza n. 137/2/2025 della Commissione Tributaria di primo grado di Reggio Emilia si colloca in tale alveo e ribadisce, con argomentazioni particolarmente puntuali, la centralità dell’autonomia organizzativa dell’appaltatore quale presupposto indefettibile per escludere la riqualificazione del contratto in termini di illecita interposizione lavorativa.
La vicenda trae origine da un contratto stipulato nel 2016 tra una società a responsabilità limitata e un consorzio, avente ad oggetto l’affidamento di attività lavorative su prodotti semilavorati. Tali attività, inizialmente eseguite da una consorziata (X), erano successivamente affidate ad altra consorziata (Y). Nel corso di un accesso ispettivo eseguito nel 2022, la Guardia di Finanza riscontrava la presenza di personale della consorziata “Y” all’interno dello stabilimento della committente, inducendo l’amministrazione finanziaria a riqualificare il contratto come somministrazione di manodopera e a disconoscere, per l’anno d’imposta 2020, la detraibilità dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) e la deducibilità dei costi ai fini dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP).
La difesa articolata dalla società si fondava su due direttrici principali: da un lato, la discrasia temporale tra l’anno oggetto di accertamento e l’epoca dell’accesso ispettivo; dall’altro, la prova documentale e testimoniale circa l’effettiva autonomia organizzativa esercitata dalla consorziata “X” nel 2020, anno di competenza fiscale oggetto di contestazione.
La Commissione Tributaria, nel pronunciarsi in senso favorevole alla contribuente, si è richiamata espressamente all’articolo 29, comma 1, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, evidenziando come la genuinità del contratto d’appalto richieda la simultanea sussistenza di elementi sostanziali tra cui l’assunzione del rischio d’impresa, l’organizzazione autonoma dei mezzi e del lavoro, nonché l’assenza di eterodirezione da parte del committente. In particolare, la sentenza valorizza l’autonomia gestionale dell’appaltatore, anche nell’ambito di cosiddetti “appalti leggeri”, ove la prestazione risulti eminentemente laboriosa e poco capitalizzata.
Degno di nota è il passaggio in cui i giudici tributari affermano che l’utilizzo di strumenti propri, seppur modesti, e l’effettiva capacità decisionale esercitata dall’appaltatore nella gestione del personale costituiscono indici sufficienti per ritenere sussistente l’autonomia organizzativa. In tale ottica, l’assenza di un articolato apparato materiale non costituisce ex se indice di interposizione fittizia, qualora risulti provato che l’appaltatore si assuma il rischio economico connesso all’esecuzione della prestazione e gestisca direttamente, e in piena autonomia, il personale impiegato.
La pronuncia si allinea all’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, secondo cui la qualificazione del contratto di appalto non può prescindere da un’indagine di natura sostanziale e casistica, volta ad accertare se all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato economicamente rilevante e giuridicamente autonomo, da raggiungersi mediante una propria organizzazione dei mezzi e con assunzione del rischio d’impresa.
Sotto il profilo tributario, l’effetto della sentenza si traduce nel pieno riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA e alla deducibilità del costo ai fini IRAP, venendo meno il presupposto della riqualificazione negoziale in termini di illecita somministrazione. Tale impostazione si dimostra coerente con i principi dell’imposizione fiscale e del giusto procedimento, ponendosi altresì a garanzia della libertà contrattuale dell’impresa e del principio di certezza del diritto.
La decisione in commento rappresenta un importante momento di chiarificazione in una materia che, per la sua intrinseca complessità e per la rilevanza economica che riveste, necessita di un approccio rigorosamente fondato sulla coerenza sistematica tra diritto del lavoro, diritto civile e normativa tributaria. L’enfasi posta sull’autonomia organizzativa quale criterio dirimente conferma l’esigenza di valorizzare l’effettività delle dinamiche imprenditoriali, contrastando approcci formalistici e favorendo un’interpretazione sostanzialista orientata alla tutela della leale concorrenza e della corretta imposizione.
14 agosto 2025