A cura dell’Avv. Francesco Cervellino
La recente ordinanza n. 15891/2025 della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione affronta, con rigore ermeneutico e coerenza sistematica, una tematica di particolare delicatezza in materia di contratti di locazione ad uso abitativo: la sorte giuridica dei contratti stipulati in forma scritta ma privi di registrazione, antecedentemente all’introduzione dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004. Tale ordinanza si inserisce nel quadro di una progressiva e significativa evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha condotto, con la legge n. 208 del 2015, ad un ripensamento sostanziale della disciplina applicabile, culminando nella riformulazione dell’art. 13 della legge n. 431 del 1998.
Nel contesto pre-2016, l’omessa registrazione di un contratto di locazione, stipulato anteriormente all’entrata in vigore della suddetta legge finanziaria del 2004, pur costituendo una violazione di natura fiscale, non determinava ex se l’invalidità del contratto ai fini civilistici. Infatti, in base al principio tempus regit actum, la previsione di nullità introdotta con la legge n. 311/2004 non poteva trovare applicazione retroattiva. Tuttavia, la novella del 2015 ha introdotto un meccanismo sanzionatorio e riequilibratore che prescinde dal profilo della nullità, prevedendo la cd. “riconduzione a congruità” del canone nei casi in cui il contratto, ancorché redatto per iscritto e non simulato, non sia stato registrato.
La Suprema Corte chiarisce, in via definitiva, che tale meccanismo è applicabile anche ai contratti stipulati in epoca antecedente al 1° gennaio 2016, purché ancora pendenti a tale data. La riconduzione a congruità, prevista dall’art. 13, comma 6, della legge n. 431/1998 come modificato, si traduce nella possibilità per il giudice di determinare ex officio il canone dovuto, con l’unico limite dell’importo minimo previsto dagli accordi locali sottoscritti dalle associazioni rappresentative della proprietà edilizia e degli inquilini.
La valenza sistematica di tale ricostruzione è duplice: da un lato, essa consente di superare l’impasse derivante dalla difficoltà di far valere la nullità del contratto per la sola omissione della registrazione in epoca antecedente al 2005; dall’altro, essa riconosce una tutela sostanziale al conduttore, che non si vede integralmente privato dei propri diritti patrimoniali, ma può ottenere la rideterminazione del canone entro parametri legali.
L’orientamento tracciato valorizza in modo deciso la funzione pubblicistica degli accordi territoriali, i quali assumono il ruolo di parametro vincolante non solo per i contratti esplicitamente qualificati come “a canone concordato”, ma anche per quelli stipulati come “a canone libero” ma successivamente rientranti nell’ambito applicativo dell’art. 13, comma 6, per effetto della mancata registrazione. Ne consegue che, in sede giudiziale, la volontà delle parti, pur formalmente manifestata in un contesto negoziale apparentemente libero, viene sottoposta ad un vaglio di congruità sostanziale volto a reprimere condotte elusive e a tutelare l’equilibrio sinallagmatico del rapporto.
Tale evoluzione normativa, pur non essendo esplicitamente qualificata come retroattiva, produce effetti sostanzialmente retroattivi nella misura in cui si applica a contratti stipulati anteriormente, purché ancora in corso al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina. Questa scelta legislativa trova giustificazione nella esigenza di contrastare fenomeni di elusione sistematica dell’obbligo di registrazione, considerata non solo come adempimento fiscale, ma come presupposto indefettibile per l’operatività piena del regime civilistico delle locazioni abitative.
L’ordinanza n. 15891/2025 segna un punto fermo nell’elaborazione giurisprudenziale in tema di contratti di locazione non registrati, conferendo centralità al principio della registrazione come condizione sostanziale di efficacia e non più come mero requisito formale. Il giudice civile assume un ruolo centrale quale garante dell’equilibrio contrattuale e della legalità sostanziale, operando un controllo sul canone in funzione non solo di tutela del conduttore, ma anche di presidio della corretta applicazione della normativa vigente. La decisione impone, pertanto, una revisione critica delle prassi locatizie, sollecitando gli operatori del diritto ad una maggiore attenzione nell’assicurare la conformità dei contratti alle disposizioni imperative poste a presidio dell’ordine pubblico economico.
24 settembre 2025