A cura dell’Avv. Francesco Cervellino
La sentenza n. 3213 del 17 settembre 2025 del Tribunale di Bari si inserisce con rilievo nel vivace contesto giurisprudenziale che ha interessato negli ultimi anni la legittimità del staff leasing alla luce della Direttiva 2008/104/CE, configurandosi come un punto di snodo interpretativo, idoneo a chiarire non solo i limiti applicativi del diritto derivato dell’Unione europea, ma anche la struttura sistemica del rapporto di somministrazione a tempo indeterminato con missione parimenti a tempo indeterminato, rispetto alla quale la nozione di temporaneità, cardine della normativa europea, appare del tutto inapplicabile.
La questione trattata verte sull’utilizzo prolungato, da parte di un’impresa utilizzatrice, di un lavoratore appartenente alle categorie protette, impiegato per oltre sei anni tramite contratti di somministrazione conclusi con un’unica agenzia. A fronte di ciò, il ricorrente aveva lamentato la natura strutturale del fabbisogno lavorativo, evidenziando come la reiterazione delle missioni si ponesse in contrasto con i principi enunciati dalla Direttiva 2008/104/CE, e domandando la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato diretto, in luogo della forma interposta. Tuttavia, il Tribunale ha rigettato il ricorso, fornendo una ricostruzione articolata e sistematicamente orientata, secondo cui lo staff leasing, nella sua configurazione normativa nazionale, è estraneo all’ambito applicativo della direttiva, e perciò non sottoponibile alle relative limitazioni.
In primo luogo, occorre evidenziare che l’art. 1 della Direttiva 2008/104/CE circoscrive l’ambito oggettivo di applicazione ai lavoratori interinali assegnati “temporaneamente” a imprese utilizzatrici. L’elemento della temporaneità, secondo una consolidata lettura della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), costituisce presupposto indefettibile affinché operino le garanzie della direttiva, tra cui il principio di parità di trattamento (art. 5) e il diritto all’informazione sui posti disponibili (art. 6). Ne consegue che, in presenza di una missione a tempo indeterminato, basata su un contratto di somministrazione parimenti a tempo indeterminato, viene meno il fondamento stesso dell’applicabilità del diritto eurounitario, il quale non disciplina rapporti che, per natura, sfuggono alla logica della flessibilità transitoria.
La giurisprudenza della CGUE ha chiarito come la direttiva non intenda estendere la propria sfera regolativa a situazioni connotate da stabilità occupazionale intrinseca. Si pensi alle sentenze nelle cause C-681/18 e C-427/21, che hanno distinto con nettezza tra missioni che, pur prolungate, restano formalmente a termine e situazioni – come quella dello staff leasing – in cui la stabilità del rapporto tra lavoratore e agenzia, congiunta a una missione sine die, esclude la precarietà, obiettivo polemico primario del legislatore europeo.
Il quadro normativo italiano, peraltro, recependo tale distinzione, prevede che la somministrazione a tempo indeterminato sia possibile solo in presenza di condizioni rigorosamente predeterminate, ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo n. 81/2015. A rafforzare la natura strutturalmente stabile del rapporto concorre l’art. 34 del medesimo decreto, che prevede l’obbligo per l’agenzia di corrispondere un’indennità di disponibilità nei periodi intercorrenti tra una missione e l’altra, consolidando l’equilibrio economico e giuridico della posizione del lavoratore.
Ciò che rileva, in prospettiva sistemica, è la capacità dello staff leasing di conciliare le esigenze di flessibilità organizzativa dell’impresa con la stabilità del rapporto di lavoro. L’elemento dirimente non è più, quindi, la modalità di utilizzazione della prestazione – che rimane in capo all’impresa terza – ma la permanenza e continuità del vincolo giuridico tra il lavoratore e l’agenzia, titolare del contratto di lavoro. In tal senso, l’argomento secondo cui la somministrazione a tempo indeterminato rappresenterebbe una modalità elusiva dell’assunzione diretta si rivela giuridicamente inconsistente: non vi è, infatti, alcuna sottrazione di tutele, né tantomeno un’ipotesi di lavoro atipico o precario. Al contrario, il modello di staff leasing configura una forma di rapporto stabile, assistito da un regime protettivo anche più esteso rispetto a quello ordinario, specie con riferimento all’obbligo di “ricollocazione” del lavoratore da parte dell’agenzia e al contenimento del rischio di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
L’estraneità dello staff leasing alla disciplina della Direttiva 2008/104/CE non implica, come potrebbe superficialmente supporsi, una sua deregulation, ma ne attesta la piena autosufficienza giuridica. Se il diritto dell’Unione europea riconosce nel contratto a tempo indeterminato la forma tipica del rapporto di lavoro, è del tutto coerente che le fattispecie fondate su tale stabilità ne restino escluse, configurandosi come fenomeni distinti e non meritevoli delle tutele emergenziali riservate alle situazioni precarie.
Da tale ricostruzione discende una legittimazione piena della somministrazione a tempo indeterminato con missione parimenti stabile, quale espressione di un ordinamento interno che, senza tradire gli obiettivi dell’armonizzazione europea, intende promuovere modelli flessibili ma strutturalmente garantiti. Lungi dal rappresentare un’anomalia o un rischio per il sistema delle garanzie, lo staff leasing si rivela, dunque, un’utile declinazione della modernizzazione del diritto del lavoro, nella misura in cui assicura un punto di equilibrio tra flessibilità produttiva e continuità occupazionale, conformemente ai principi fondamentali del diritto sociale europeo.
25 settembre 2025